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Discenti

Formazione Formatori: il Role Playing

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 06/12/2014

 

andrea carfiImpossibile, per quanto mi riguarda, pensare a un intervento formativo che non abbia la necessaria e funzionale alternanza teoria/pratica: per il sottoscritto la formazione senza una parte pratica non è formazione, è semplice informazione.

Il Role Playing è una delle tecniche più efficaci attraverso cui si permette ai discenti di interpretare dei ruoli lavorativi oggetto dell’intervento formativo che si sta erogando oppure dei ruoli non legati a una competenza tecnico-professionale in particolare, ma che è necessario interpretare per mettere in pratica competenze trasversali (soft skills: ad esempio comunicazione, gestione dello stress, problem solving, teamwork, capacità di lavorare in autonomia, mediazione, negoziazione, gestione del tempo, leadership, flessibilità ecc.) importanti per quel profilo professionale e precedentemente trasmesse ai discenti attraverso tecniche di lezione frontale teorica.
I Role Playing (e le esercitazioni pratiche in genere) sono strumenti che un formatore quindi deve usare in aula.

Il Role Playing, detto anche simulazione, è una tecnica di allenamento formativo utilizzata per lo sviluppo delle abilità che sostengono l’interpretazione efficace di un ruolo professionale: to play in inglese significa sia giocare sia rappresentare in senso teatrale, tanto che alcuni partecipanti hanno ribattezzato “scenette” questi importanti momenti didattici il cui obiettivo è quello di ricreare in “palestra” una situazione professionale di comunicazione o di gestione in modo “verosimile”, ossia quanto più possibile vicino alla realtà.

 

Il valore di questa tecnica di allenamento consiste nell’assicurare la necessaria preparazione atletica e psicologica fondata su due presupposti essenziali per lo sviluppo della professionalità:

 

1 – l’aumento della consapevolezza di sé, del proprio modo di essere e di reagire

 

2 – sfruttare l’opportunità data dai feedback provenienti dal formatore e dai colleghi in aula sulla performance in diretta del collega. Il feedback è la valutazione strutturata della performance che il formatore comunica al partecipante alla conclusione dell’interpretazione del ruolo professionale

 

Tre fattori sono importanti per il role playing quindi:

 

 

      –     il role playing deve essere funzionale agli obiettivi dell’intervento formativo

 

–          il feedback dato al partecipante deve essere pensato e comunicato come momento fondamentale della didattica e finalizzato al miglioramento/rafforzamento delle capacità e competenze dell’individuo

 

–          la motivazione del partecipante è importante per sistematizzare l’esperienza vissuta in una prospettiva di miglioramento delle sue performance professionali

 

L’impostazione del Role Playing in Formazione

Per impostare un buon role playing è necessario seguire alcuni punti:

 

 Briefing:

–          prima di cominciare è necessario far capire cosa si sta facendo e perché ai partecipanti e qual è il valore didattico: il formatore deve avere il consenso necessario dell’aula affinchè il role playing si svolga con motivazione e impegno e quindi potersi allenare al ruolo professionale

 

–          inserire i partecipanti in situazioni lavorative da riprodurre, l’indicazione che va data è di calarsi nella parte esattamente come se si fosse nel luogo di lavoro

Svolgimento:

–          la durata di un role playing varia a seconda della situazione da interpretare: se per un colloquio di selezione possono bastare 10/15 minuti, per una simulazione di docenza il tempo necessario indubbiamente dovrà aumentare.

 

–          Il formatore darà il via; nel momento in cui il role playing dovesse continuare oltre il tempo necessario, il formatore darà lo stop.

Debriefing:

–          Concluso il role playing ci sarà l’altrettanto importante momento del feedback; è necessario il riscontro immediatamente dopo la performance. Il feedback si concentrerà soprattutto su aspetti comunicativi, di gestione, metodologici

 

–          Il feedback si dividerà in tre fondamentali fasi:

1 – autovalutazione del partecipante rispetto al role playing appena svolto (il docente formatore stimolerà il discente protagonista della “scenetta” appena interpretata attraverso domande come: “come è andata?”, “come ti sei sentito in questo ruolo?”, “c’è qualcosa che hai osservato e che vuoi condividere con noi?”)

2 – valutazione e osservazioni dei colleghi presenti in aula (che il docente formatore dovrà stimolare attraverso domande come: “che ne pensate?”, “qualcuno vuole dire qualcosa rispetto all’esercitazione appena svolta?”, “c’è qualcosa che avete osservato e che volete condividere attraverso una riflessione?”)

3 – il formatore darà quindi il suo feedback sottolineando prima di tutto i punti forti della performance del discente con frasi come: “molto bravo in questo”, “mantieni quest’altro”, “mi è piaciuto molto quest’altro ancora”, dopodichè il docente farà riflettere il discente sui punti da migliorare (senza mai quindi usare una terminologia che faccia riferimento a “punti deboli” o a “ciò che è andato male” ma anzi usando frasi del tipo: “lavora su questo punto”, “puoi migliorare su quest’altro”, “fai attenzione a quello”). Il formatore dovrà ovviamente spiegare molto bene al discente (e a tutto il resto dell’aula) perchè sta sottolineando i vari punti (sia quelli forti, sia quelli da migliorare) e argomentare con ulteriori spiegazioni e ripetizioni.

 

Video “Formazione Formatori”

Altri post del blog di “Andrea Carfi Consultancy – Training and Media” sulla Formazione Formatori:

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 2)

– Il “Domandologo”

– Il “Logorroico” 

– L’ “Esperto Saccente

– Sperimentazione in Formazione

 

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Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 2)

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 15/11/2014

 

andrea carfi

C’è sempre, durante l’intervento di Formazione Formatori per Assistenti Sociali, un momento in cui, io e il mio collega Dott. Furio Panizzi, interpretiamo il ruolo dei discenti “problematici” (domandologo / logorroico / saccente) per mettere in difficoltà (beh, mica lo facciamo per sadismo eh :D) i partecipanti che devono affrontare, magari per la prima volta, un pubblico: i discenti che partecipano al nostro corso di Formazione Formatori per Assistenti Sociali, dopo aver progettato il loro intervento con la nostra assistenza, devono anche erogarlo. Io li “minaccio” subito, in apertura del corso:“guardate che oramai non potete più tirarvi indietro, il corso è estremamente pratico, perché il nostro obiettivo è quello di addestrarvi a progettare ed erogare interventi formativi di ottimo livello in maniera autonoma; quindi in queste giornate di corso preparatevi a mettervi in gioco e a sfruttare al massimo la possibilità che avrete di fare pratica in un contesto protetto” 

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Project Design

Project Design – ovvero la prima, fondamentale esercitazione del corso Formazione Formatori per Assistenti Sociali. Dopo aver ideato la tematica del progetto che  erogheranno, i discenti la devono mettere nero su bianco: dopo quindi avergli mostrato un progetto come esempio sulla lavagna, in modo tale da fargli capire concretamente cosa significa “Macroprogettazione” (ovvero il progetto in linee generali, in macroaree) e “Microprogettazione” (ovvero il progetto nei suoi minimi dettagli, entrando nel particolare, in microaree quindi), i discenti devono impostare il progetto da loro precedentemente ideato attraverso la metodologia e secondo le indicazioni tecniche che abbiamo fornito. A turno poi, io e il mio collega, analizziamo ogni progetto con estrema cura, studiandone la potenziale vendibilità sul mercato, discutendone con loro, inserendo cambiamenti dove è necessario e rendendoci quindi conto se le persone hanno concretamente capito o meno la metodologia del Project Design. La cosa importante che deve capire il discente è che attraverso la micro-progettazione avrà si un documento attraverso cui poter presentare il progetto ai committenti, ma soprattutto si ritroverà uno schema preciso (con tanto di tempistiche e tipologie di esercitazioni da proporre durante ogni modulo del progetto) da poter seguire nel momento in cui dovrà erogare il proprio corso: è necessario quindi che i discenti pianifichino tutto ciò che vogliono affrontare durante l’erogazione del loro intervento formativo, rendere concreta la loro visione, perché servirà soprattutto a loro stessi per orientarsi sia in fase di preparazione che di erogazione del corso.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Simulazioni di docenza

Simulazioni di Docenza – emotivamente, spesso, di grande impatto per i partecipanti (sia per coloro che non hanno mai avuto a che fare con la comunicazione in pubblico, sia per gli altri, invece, con esperienza alle spalle), è uno dei momenti in assoluto più importanti dell’intervento assieme al project design; perché solamente attraverso la pratica (pur se in un contesto ovviamente protetto, come scrivevo prima) sia i discenti che i docenti possono e devono rendersi conto, in maniera definitiva, se le competenze oggetto dell’intervento formativo sono state trasmesse correttamente e se gli obiettivi sono stati raggiunti. Il nostro compito è quello di motivare costantemente il discente e di assisterlo continuamente, rinforzandolo quando dobbiamo sottolineare quanto sia stato bravo e facendogli capire, quando è necessario, quali sono i punti su cui deve lavorare per poter migliorare. I momenti in cui, come scrivevo in apertura, io e il mio collega interpretiamo (durante la simulazione di docenza del discente), a turno, il discente domandologo, logorroico o saccente sono quelli forse più temuti durante le esercitazioni: è importante però capire come i discenti affrontino la gestione delle situazioni problematiche in aula sfruttando le indicazioni che sono state date precedentemente durante la parte teorica.

Gestualità, tono e ritmo della voce, movimento del corpo, public speaking, gestione dell’aula, gestione del tempo, gestione dello stress, problem solving, capacità di esposizione, capacità di coinvolgere il pubblico, impostazione della lezione, impostazione del progetto, mimica, uso degli strumenti didattici disponibili in aula…
 Tutto questo e altro devono essere studiati sempre con estrema attenzione per poter erogare ogni tipologia di intervento formativo: ecco perché le esercitazioni pratiche sono un momento didattico fondamentale per l’acquisizione delle competenze che i discenti potranno e dovranno poi spendere sul mercato del lavoro.

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Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 10/11/2014

 

andrea carfi

Mi ricordo molto bene quando il mio collega Formatore (e Assistente sociale) Dott.Furio Panizzi  mi disse, di punto in bianco: “Andrea come lo vedresti un progetto legato alla Formazione Formatori per Assistenti sociali?”. Ovviamente in quel momento non potevo immaginare quanto successo, in tutti i sensi, avrebbe avuto, ma qualcosa mi disse immediatamente che quell’idea non era buona, ne ottima; era eccellente! Grazie all’entusiasmo dei discenti, infatti, nacque l’ A.I.A.S.F. (Associazione Italiana Assistenti Sociali Formatori) e grazie alla validità del progetto ottenemmo l’accreditamento del C.N.O.A.S. (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali), del C.R.O.A.S. (Consiglio Regionale Ordine Assistenti Sociali) e il patrocinio del S.U.N.A.S. (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali). Ma andiamo con ordine:

All’epoca (2010) avevo progettato ed erogato moltissimi interventi legati alla formazione per i futuri formatori, ma non avevo mai pensato di indirizzarli verso specifiche categorie professionali: in questo senso l’idea della Formazione Formatori per Assistenti Sociali e l’esperienza del Dott. Furio Panizzi furono fondamentali per dar vita a un intervento che univa teoria, pratica, partecipazione attiva dei discenti e spendibilità sul mercato del lavoro in maniera estremamente funzionale: la formula dei miei corsi di Formazione Formatori (e di tutti i miei corsi), infatti, si basa sul concetto per cui tutte le parti teoriche sono immediatamente affiancate da esercitazioni pratiche attraverso le quali i discenti hanno la possibilità di mettere in pratica tutto ciò che è stato argomento della lezione e quindi sperimentarsi in un contesto protetto come quello dell’aula di formazione. Inoltre dedicavamo diverse ore alla spiegazione precisa di come poter immediatamente spendere sul mercato del lavoro le nuove competenze acquisite durante il corso una volta usciti dall’aula, offrendo tra l’altro anche assistenza post-intervento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Progettazione

Argomenti su cui ci concentravamo in modo particolare erano la Progettazione e l’Erogazione di un intervento formativo:

Progettazione:

–          Durante l’apertura del corso di formazione formatori per assistenti sociali, tra le altre cose, presentavamo in modo chiaro quali erano gli obiettivi principali che ci dovevamo porre: il creare un proprio progetto (almeno uno, nulla vietava loro di crearne di più, anzi, noi cercavamo di spingere proprio in quella direzione) da poter poi realmente proporre ed erogare presso Enti, una volta concluso l’intervento formativo in formazione formatori per assistenti sociali, era tra questi.

–          Spiegavamo in modo estremamente dettagliato, semplice e chiaro quali erano le tecniche per mettere nero su bianco un’idea che magari frullava in testa da tanto tempo nei discenti.

–          Analizzavamo e valutavamo insieme se, per il progetto che volevano erogare, poteva esserci domanda sul mercato o meno: in caso di perplessità stimolavamo il discente a pensare a qualcosa di differente, magari da noi stessi suggerito.

–          Davamo la possibilità di creare immediatamente il loro progetto lì, in aula, con la nostra assistenza ovviamente; in quel modo ci rendevamo conto se i discenti avevano perfettamente acquisito la competenza del saper progettare un intervento formativo o meno, permettendoci quindi, eventualmente, di capire quando era necessaria un’ulteriore spiegazione o un ulteriore approfondimento dell’argomento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Erogazione

Erogazione:

–          Un altro, fondamentale obiettivo principale dell’intervento era il saper erogare un corso di formazione e anche qui, ovviamente, il tandem teoria-pratica faceva da padrone

–          Attraverso la teoria affrontavamo argomenti come comunicazione efficace, public speaking, gestione del gruppo, conduzione delle attività pratiche, gestione dei casi critici, leadership, uso degli strumenti, tipologie di lezione, errori da evitare, negoziazione, coinvolgimento del gruppo, materiale didattico. Immediatamente dopo la teoria, come sempre, grande spazio alla pratica:

–          Il primo livello consisteva nella preparazione, da parte dei discenti, di alcune dispense sulla formazione che consegnavamo durante il corso e nella successiva erogazione di una lezione che si basasse sul materiale appena letto e studiato (tra l’altro esercitazione mutuata dalla “Presentazione”,famosa prova di selezione di gruppo per il profilo professionale del formatore, appunto).

–          Il secondo livello era l’erogazione, sempre da parte del discente ovviamente, di una lezione estratta da una parte del proprio progetto creato precedentemente in aula.

 

Ci sarebbero tantissime cose da dire rispetto alle dinamiche che si creavano in aula e alla metodologia usata durante le esercitazioni pratiche; metodologia che io e il mio collega pianificavamo con cura per rendere la parte pratica del corso il più possibile utile per il discente: l’obiettivo che abbiamo sempre seguito era infatti quello di rendere ogni discente pronto (con il primo progetto immediatamente spendibile sul mercato) ad affrontare una platea e un gruppo formativo (con tutte le criticità che esso comporta) subito dopo la fine del corso di formazione formatori per assistenti sociali.

Per evitare di scrivere un capitolo di un libro sulla formazione formatori per assistenti sociali, anziché un post, questi argomenti saranno oggetto del prossimo.

Video “Formazione Formatori”

 

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Selezione del personale: Fase 3 (part two) le dinamiche del colloquio di selezione Individuale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 02/11/2014

 

selezione-valutazione-risorse-umaneDopo aver visto, nel post precedente, le fasi del colloquio di selezione individuale, vorrei ora soffermarmi su alcune dinamiche che si possono creare tra selezionatore e candidato durante il colloquio di selezione individuale. Innanzitutto alcuni consigli legati alle precondizioni per un buon colloquio di selezione individuale:

–          ambiente tranquillo (assenza di elementi distraenti)

–          lasso di tempo che consenta l’acquisizione di elementi utili (al candidato, durante il colloquio di selezione individuale, non devono arrivare segnali verbali e non verbali come, per esempio, il guardare orologio (indicatore di fretta e del fatto che bisogna stringere in termini temporali)

–          tener presente che il candidato potrebbe vivere un momento di ansia/tensione connesso con la connotazione di esame che il colloquio di selezione individuale presenta

 

Detto questo, affrontiamo le manovre difensive che il candidato potrebbe adottare durante il colloquio di selezione individuale (e le necessarie contromisure che il selezionatore dovrà utilizzare per non compromettere il setting di selezione):

 

1 – evasione (quando il candidato non risponde o risponde in modo secco, in modo quindi da non dare informazioni sufficienti al selezionatore). Contromisura da adottare: si fanno domande aperte, si stimolano racconti di lavoro, o comunque racconti semplici

 

2 – seduzione (il candidato mostra un’immagine di sé eccessivamente positiva non portando a supporto di quest’ultima fatti concreti positivi; il selezionatore potrebbe essere affascinato esclusivamente da un lato emotivo). Contromisura da adottare: si deve isolare la sfera emotiva durante il colloquio, si deve portare il candidato a fare esempi concreti

 

3 – collusione o aggressione (manovra che porta ad un’ inversione di ruoli tra selezionatore e candidato: anche qualora esista una reale possibilità contrattuale del candidato – es. ruoli di alta managerialità, talenti evidenti in un campo – il selezionatore ha comunque un ruolo di potere che non può essere disconosciuto, pena l’inefficacia dell’azione valutativa del selezionatore). Contromisura da adottare: ripristino del setting di valutazione: ribadire nei fatti il proprio ruolo di valutatore, evidenziando l’incongruenza di richieste di diverso senso come una presentazione preventiva di proposte economiche o del ruolo da svolgere, dobbiamo insomma fargli capire che abbiamo bisogno di tirar fuori una valutazione su di lui)

Errori, fattori da evitare e da utilizzare durante il colloquio di selezione individuale

 

Ci sono poi i veri e propri errori, i fattori da evitare e quelli invece da utilizzare durante un colloquio di selezione individuale:

 

Errori

 

– legati ai pregiudizi (impressioni pre-colloquio)

– legati alla prima impressione e all’ordine delle informazioni (diamo peso alle informazioni iniziali e alle finali, più facilmente rinvenibili in memoria)

– legati all’effetto alone (si ricava il profilo del candidato da una sola informazione, andando a contaminare altri campi)

– legati alla tendenza alla neutralità/sopravvalutazione/sottovalutazione (o non si esprimono giudizi o si è troppo “buoni” o troppo “cattivi”: i giovani selezionatori cadono spesso in questo errore)

– legati alle informazioni insufficienti (quindi completiamo le scarse informazioni che abbiamo con altre di cui non si ha alcun riscontro)

– legati all’effetto barum (per cui un evento emozionalmente forte direziona tutta la valutazione)

– legati a correlazioni illusorie ed errori logici (scorciatoie del pensiero per cui si associano tra di loro elementi che non hanno alcuna relazione: per esempio non è vero che se il candidato ha lavorato per una grande azienda deve essere per forza bravo o viceversa)

 

Fattori da evitare

 

–          Espressioni negative (non so se, non le occorre, non la pensa così)

–          Espressioni che contraddicono (non è così, lei sbaglia, lei è in errore, non è esatto, impossibile)

–          Espressioni predicatorie (adesso le spiego)

–          Espressioni dubitative (non so se le può interessare, io sarei, forse le farebbe piacere)

–          Espressioni velleitarie (vedrà che si troverà bene, se farà così vedrà che, sarà sicuramente interessante per lei)

–          Appelli di fiducia (mi creda, si fidi, abbia fiducia, stia tranquillo, glielo raccomando)

–          Espressioni cerimoniose (una persona come lei, come lei ben sa, non vorrei disturbarla, come lei mi insegna)

–          Domande chiuse (sono le domande aperte che ci consentono di capire)

–          Discussioni

–          Salire in cattedra

–          L’influenza della simpatia/antipatia

 

Fattori da utilizzare

 

–          stile affermativo

–          parlare al presente (non condizionale o futuro)

–          non contraddire ma correggere

–          non predicare ma informare

–          non interrogare ma chiedere

–          non imporre ma suggerire, consigliare

–          espressioni come “capisco perfettamente il suo punto di vista”; “è preferibile considerare il problema sotto un aspetto diverso”; “fa bene ad attirare la mia attenzione su questo punto”; “sono d’accordo con lei ma”

–          l’ascolto, l’osservazione, il lasciar parlare liberamente il candidato senza entrarci in contrapposizione, scoprendo tendenze spontanee nel verbale e nel non verbale

–          l’interpretazione, l’elaborazione

–          notare contraddizioni/lacune

–          notare ricorrenza di temi

–    prendere appunti (viste le possibilità del grande numero di colloqui da fare al giorno e la non sempre possibilità di scriverseli immediatamente dopo il colloquio di selezione individuale per il tempo stretto, si espliciterà all’interlocutore la necessità di appuntarsi alcune informazioni come elemento di maggior concentrazione e per farne memoria)

 

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Selezione del personale: fase 2 – Recruiting

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 31/10/2014

 

corporate-recruiting

Abbiamo visto, nel post precedente, che le fasi del processo di selezione del personale sono quattro:

1 – Analisi della commessa
2 – Recruting
3 – Selezione e Valutazione
4 – Presentazione delle candidature

Le fasi della selezione del personale: fase 2

Recruiting:

Le fonti di reclutamento delle persone possono essere interne o esterne:

Nel caso di reclutamento interno solitamente si utilizza una ricerca informale, fatta di contatti interpersonali. Per impiegati e operai si utilizzano modalità più formalizzate con gli avvisi in bacheca. Si può far ricorso a tecniche di job posting, che in modo formalizzato portano tutti i dipendenti a conoscenza delle posizioni da ricoprire con risorse interne.

Esistono due tipologie di trasferimento:

– di carattere orizzontale (la nuova attività comporta esclusivamente un differente e più motivante impiego, in questo caso la risorsa ha sostanzialmente lo stesso ruolo di prima, tutt’al più con una retribuzione maggiore)

– di carattere verticale (la nuova attività comporta una promozione o un avanzamento di carriera).

Molto più variegate sono le fonti di reclutamento esterne:

  • il mercato del lavoro: giovani alla ricerca di prima occupazione, disoccupati, occupati che intendono cambiare impiego ecc. È sicuramente la fonte alla quale si ricorre più assiduamente, prima di tutto perché vi si possono trovare individui che consentono un inserimento operativo nella realtà aziendale quasi istantaneo. È vano nascondersi, però, che il rischio di doversi accontentare di ciò che il mercato offre è sempre molto forte;
  • gli uffici di collocamento: con tutti i rischi che ne derivano in termini di nominativi reperiti;
  • le aziende concorrenti e non;
  • scuole/università/associazioni: da cui attingere per le giovani risorse. Le richieste di elenchi presso la scuola e le università permette di avere una preziosa fonte di reclutamento per la fascia dei neolaureati e neodiplomati, una relativa sicurezza del profilo di cui si sta parlando e il probabile interesse di una persona che svolge un determinato percorso professionale a una mansione affine;
  • i contatti diretti: colleghi, conoscenze, parenti, ecc. che suggeriscono candidature, persone di particolare fiducia, passaparola tra i conoscenti: l’avere a che fare con dipendenti fidati è un elemento essenziale;
  • l’archivio: ogni ufficio di selezione del personale possiede un archivio (bacino da cui attingere per eventuali, future necessità) nel quale sono inseriti i profili dei candidati che hanno preso parte a procedenti selezioni finalizzate a costituire un bacino/serbatoio dal quale attingere. L’utilizzo dell’archivio necessita di un costante aggiornamento: vagliare e archiviare la corrispondenza, aggiornare i files, gestire il giro delle pratiche sapendo in ogni momento dove sono e mantenendolo quindi aggiornato. Per quanto riguarda i candidati ripescati dall’archivio, è chiaramente necessaria un’intervista anche per i candidati già visti, non solo come aggiornamento della carriera professionale ma anche come verifica delle motivazioni e qualità in possesso del candidato;

 

  • le inserzioni sui giornali: è il metodo classico di reperimento di personale. Il testo dell’inserzione deve riportare sempre tre contenuti importanti: l’azienda, la posizione offerta, il profilo ricercato: forma di reclutamento per eccellenza, comporta un costo elevato (ricerca personale qualificato). I giornali che pubblicano annunci di lavoro rispondono a diversi target, va valutato se il potenziale candidato di riferimento legge il quotidiano, il settimanale, o la rivista specializzata o di settore in oggetto. Per quasi tutte le mansioni impiegatizie può essere sufficiente affidarsi agli annunci gratuiti;

 

  • il recruiting online: abbattimento dei costi di archiviazione dei curricula, abbattimento dei costi di reclutamento sui canali tradizionali, utilizzo più efficace e mirato dei canali on line, eliminazione dei costi e dei tempi del lavoro amministrativo degli archivi, maggior tempo per i colloqui e base di candidature più selezionata;

 

  • head hunting: pratica attraverso cui si vanno a strappare alla concorrenza i talenti migliori, persone che ricoprono posti chiave, i soggetti ad alto livello o di non comune specializzazione, in genere da parte di agenzie specializzateInfine l’annuncio da pubblicare: deve essere breve, sintetico, con una buona esposizione, non deve esserci il riferimento al sesso, il titolo deve essere in grassetto:

 

1 – Titolo (in grassetto)

 

2 – Introduzione (es. l’agenzia tal dei tali seleziona quattro addetti/e cassa full time)

 

3 – Requisiti richiesti

 

4 – Retribuzione e tipologia contrattuale (non sempre indicata, dipende dalla volontà del committente)

 

5 – Modalità per candidarsi (con l’autorizzazione al trattamento dati personali)

 

6 – Inserimento della dicitura “l’annuncio si intende rivolto a entrambi i sessi”

 

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Public Speaking: tecniche di chiusura

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 26/10/2014

public-speaking-formazione

Ed eccoci qui, avete attraversato tutte le fasi del vostro intervento in pubblico (per un veloce ripasso, potete sempre andare a rileggervi i tre precedenti post sul public speaking), è andato tutto alla grande e la platea è attentissima, partecipe, coinvolta: sarebbe un grave errore concludere senza un finale degno di questo nome perchè, come vi dicevo nei precedenti post, al pubblico rimarranno impressi soprattutto:
– Apertura
– Rottura degli schemi
– Ripetizione dei concetti
– Chiusura 

Public Speaking: i 3 momenti della chiusura del discorso

La chiusura del vostro intervento di public speaking può avere addirittura tre momenti:

– Il richiamare quelli che sono stati i punti cardine del vostro discorso con il pubblico: una sorta di riassunto schematico dell’intervento attraverso i suoi concetti chiave, che non solo serve a chiarire ulteriormente i punti salienti che sono stati appena trattati, ma è anche utile per creare quella tensione positiva e utile alla platea per prepararsi adeguatamente al gran finale.

– La chiamata all’azione: in relazione a quelli che sono obiettivi, tematiche, argomenti del vostro intervento, questo momento è importante per chiedere direttamente ai partecipanti di agire in un certo modo. L’azione richiesta al pubblico deve essere realistica, fattibile, definita, concreta.

– Il vero e proprio gran finale: si chiude il cerchio concludendo con le stesse tecniche che avete usato in apertura e per i vostri “stacchi” durante il corpo centrale del vostro intervento (nuovamente voglio sottolineare che ne potete usare anche più di una nello stesso momento), ve le indico per l’ultima volta qui di seguito:

– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente

 

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Selezione del personale: Fase 3 (part two) le dinamiche del colloquio di selezione Individuale

02/11/2014 By Andrea Carfi | Founder & President Leave a Comment

  Dopo aver visto, nel post precedente, le fasi del colloquio di selezione individuale, vorrei ora … [Read More...] about Selezione del personale: Fase 3 (part two) le dinamiche del colloquio di selezione Individuale

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