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Fashion

Cool Hunter: un’introduzione

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 09/05/2015

relazioni-pubblico-mediaQuesta nuova figura professionale è di grandissimo aiuto al lavoro dello strategic planner (rappresentante del consumatore all’interno dell’agenzia pubblicitaria) perché grazie a lui si individuano le nuove tendenze, i nuovi stili e le persone influenti che potranno esser utili al fine di organizzare eventi attorno ad un brand.
Ricordiamo che uno dei compiti dello strategic planner è di appurare il modo più adatto per utilizzare le nuove tendenze nella campagna pubblicitaria.

Il Cool Hunter è il nuovo researcher delle aziende e delle agenzie pubblicitarie. Il suo lavoro sta nell’individuare stili e tendenze culturali e di consumo ancora in fase “embrionale” (fenomeno non ancora pienamente manifestato). Quindi lavorano d’anticipo supportati dal loro intuito e istinto.

Spesso si muove nei luoghi dove le subculture fermentano dando vita a nuovi stili di vita. Parliamo di strade, piazze, locali, concerti, mostre, ecc…

Gli strumenti del Cool Hunter

I loro strumenti di lavoro sono appunto un buon intuito e una macchinetta fotografica per memorizzare visivamente quanto accade, la ricerca in internet, l’analisi dei consumi, lo studio della comunicazione, l’osservazione partecipante, i questionari e le interviste, i focus group.
Per svolgere questo lavoro serve inoltre una buona conoscenza del contesto sociale e culturale di riferimento:

  • Avere una mappa dei luoghi considerati importanti per lo sviluppo delle nuove tendenze (strade, piazze, negozi, locali, centri sociali, mostre, artisti, eventi, ecc…). Le città considerate più vive da un punto di vista del fermento culturale sono ad esempio: Tokyo, Londra, New York, Barcellona, Berlino, Milano.
  • È importante trovare dei referenti in ciascuna di queste città: giornalisti, pr, fotografi, ragazzi dotati di un buon istinto. Queste persone saranno degli importanti contatti per il cool hunter, così che sarà sempre aggiornato per trovarsi nel posto giusto al momento giusto.
  • Infatti si segue solitamente la “tecnica delle quattro P”: si osservano, fotografano, descrivono le Persone più innovative (modo di vestire, di comportarsi), i Posti più avanzati (bar, ristoranti, negozi, musei, scuole, aree urbane rivalutate, aree trendy), i Pensieri più originali e freschi (film, libri, gruppi musicali e cantanti di riferimento, campagne pubblicitarie innovative, mostre di cui si parla), i Progetti più rilevanti (nei Centri di ricerca, nelle Università, nelle organizzazioni e istituzioni pubbliche) che caratterizzano la città.
  • Si scrive poi un rapporto illustrato che descrive periodicamente (circa tre mesi) la vita della città.
  • Il metodo usato per scegliere i luoghi in cui effettuare le ricerche è quello di partire dal centro per arrivare alla periferia: si può trattare del centro della città ma anche di un centro ideale, ovvero un luogo molto frequentato, nuovo o di tendenza. Anche i mercati dell’usato sono considerati un buon punto di partenza, essendo un tipico luogo di passaggio frequentato da giovani, da persone attente, con spirito di ricerca e capacità di combinare i gusti e gli stili. In ogni caso si deve trattare di luoghi capaci di esprimere al meglio lo spirito della città e del paese.
  • Per la scelta dei luoghi da segnalare o in cui raccogliere informazioni è molto importante anche il passaparola, sia dei conoscenti che dei mezzi di comunicazione.
  • La scelta delle persone da fotografare segue un criterio che va dal generale al particolare: la cosa che colpisce di più l’attenzione del Cool Hunter è infatti l’aspetto generale del soggetto “interessante” o addirittura l’ambiente in cui viene scovato e fotografato. Si preferisce la fotografia “spontanea” che conserva un valore di naturalezza e freschezza; a volte però la persona si ferma e gli si chiede di scattare la fotografia e inoltre si raccolgono informazioni riguardanti l’immaginario della persona, del luogo o della città.
  • Si seguono due Target: gruppi giovanili (luoghi di aggregazione e consumo culturale come musica, cinema, grafica e cartoon, espressioni artistiche; mode e stili di abbigliamento, tendenze nel consumo in generale come prodotti e marchi) – adulti (tendenze di consumo, mode, stili di abbigliamento, luoghi di ritrovo, valori in generale).
  • Ogni immagine raccolta dovrà essere accompagnata da una breve descrizione o didascalia che riporti gli elementi essenziali per la comprensione del contesto e del fenomeno ritratto.

Cool Hunter e Cult Searcher

Se i cool hunters raccolgono materiale, i cult searchers sistematizzano il lavoro dei primi. Individuano, dal materiale prodotto dai cool hunters, dei veri e propri trend da girare a manager aziendali e/o pubblicitari.
Quindi il lavoro dei cool hunter viene dato ai cult searcher prima di metterlo a disposizione dei manager aziendali.
Cult searcher e cool hunter possono lavorare insieme o separatamente. Ovvero c’è chi svolge solo il lavoro di cacciatore e chi solo quello di cercatore.

 

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Cool Hunting: origini e Coolness

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 10/02/2015

european_institute_for_career_business_developmentChe cosa hanno in comune Miles Davis e il Cool Jazz, il gruppo etnico africano Yoruba, Elvis Presley e il rock ‘n’ roll, gli hippy e il festival di Woodstock, lo sportswear e gli atleti? Semplice: la parola chiave del cool hunting, ovvero la “coolness” (Pedroni, 2010), da “cool”, che sta per fresco, stiloso, di tendenza. Andiamo a vedere con ordine, in modo sintetico e schematico l’affascinante percorso socioculturale che ha portato la coolness alla cultura di massa, creando i presupposti per la nascita dell’attività professionale del cool hunting (il cacciatore di tendenze: qui potete trovare l’introduzione alla figura professionale e alcune delle principali subculture giovanili anni ’40, ’50 e ’60 e qui alcune delle principali subculture giovanili anni ’70, ’80 e ’90):

Le radici del termine coolness, fondamentale per il cool hunting, possono essere individuate addirittura nel termine religioso“Itutu”, che nel gruppo etnico africano degli Yoruba significa energia, bontà, avvenenza, contegno. Con la tratta degli schiavi il concetto diventerà simbolo di resistenza all’emarginazione e allo sfruttamento.

Il jazz, rappresentante della cultura afro-americana, peserà in maniera molto importante su quello che verrà visto come il legame inscindibile tra coolness e musica e sarà il fulcro del passaggio tra la “black coolness” e la “white coolness”. Alla fine degli anni ’40 del Novecento, infatti, nascerà il “Cool jazz” con Miles Davis; il termine “cool” in questo caso, indicherà uno stile disteso, calibrato, ennesima dimostrazione quindi dell’importante legame tra jazz e coolness.

La Coolness pone le basi per il Cool Hunting

Elvis Presley e la nascita del rock ‘n’ roll faranno entrare, definitivamente, la coolness nella cultura occidentale bianca e il significato di “coolness” si modificherà in quello che conosciamo oggi (“di tendenza”, “a la page”, “di moda” ecc.)

Negli anni ’60 del Novecento gli hippy si appropriano della coolness (“negli anni ’50 “hip” stava per “cool”) modificando e aggiornando il suo significato alla rivoluzione controculturale di quegli anni (la “summer of love”, la psichedelia, le proteste socioculturali e l’apice di Woodstock del 1969). Il movimento controculturale e le subculture giovanili porteranno la coolness alle masse (infatti anche lo sport, lo “sportswear” e gli sportivi diventeranno un importante simbolo di coolness)

Negli anni ’90 del Novecento nasce l’attività professionale del cool hunter, il “cacciatore di tendenze”: conseguenza dell’esplosione massmediatica del rapporto tra coolness e consumismo (tornerò sull’argomento e sulle tecniche e metodologie del cool hunter in un futuro post).

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Cool Hunting: le Subculture Giovanili anni ’70, ’80, ’90

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 08/02/2015

european_institute_for_career_business_developmentDopo aver introdotto il Cool Hunting e aver trattato alcune delle principali subculture giovanili degli anni ’40, ’50 e ’60, il post di oggi, invece, è dedicato ad alcune delle principali subculture giovanili degli anni ’70, ’80 e ’90 (allo stesso modo di Codeluppi, 2002):

 

 

 

Cool Hunting & Punk, Hip Hop, Paninari

  • Cool Hunting e Punk: In assoluto una delle subculture giovanili più espressive ed estreme. Il termine “punk” sta per putrido, marcio e senza valore, i Punk si vestivano in modo trasandato, eccentrico, con vestiti scuciti e strappati, con colori dissonanti, abiti di pelle nera sadomaso e avevano capelli colorati tenuti su con la lacca o con la classica striscia in mezzo alla testa come i mohican: esprimevano autoemarginazione e sarcasmo verso la società e la cultura dominante in modo anarchico e nichilista (sarcasmo, in particolare, nei confronti della crisi economica strombazzata dai media britannici dell’epoca e spesso anche nei confronti dell’inglese medio, vestendo, per esempio, cravatte sdrucite portate larghe e slacciate). La violenza e la rabbia che provavano verso la società del tempo la esprimevano sia attraverso la musica (distorta, veloce, sincopata, urlata, con tonalità acute e a volumi costantemente alti) e i testi delle canzoni, sia contro se stessi, procurandosi tagli e ferite (per esempio attraverso le famose spille da balia con cui si trafiggevano il corpo) e indossando catene, guinzagli e collari per manifestare l’impossibilità di cambiare le cose e la mancanza di libertà e di prospettive che osservavano nella società inglese del tempo. E’ risaputo che uno dei gruppi punk di riferimento, i Sex Pistols, si siano formati nel 1975 a Londra, nel negozio di abbigliamento “Sex” (da qui il nome del gruppo) di Malcolm McLaren e della stilista Vivienne Westwood: ennesima prova di quanto moda, subculture giovanili e musica siano legati. L’altro gruppo punk che vorrei citare sono i Clash, perché hanno rappresentato, secondo me, il superamento, a livello ideologico e musicale, del punk: non solo rabbia, anarchia e nichilismo (auto)distruttivo ma bensì una rivolta costruttiva, mentre a livello musicale vanno oltre (molto oltre) le coordinate punk, contaminandosi con tanti, ma tanti altri generi e influenze (“London Calling” e “Sandinista!” stanno lì a dimostrarlo in modo splendido).
  • Cool Hunting e Hip Hop: dopo il Punk arriva l’Hip Hop e le differenze tra le due subculture giovanili sono evidenti. Nato tra le comunità afroamericane, nei ghetti delle metropoli, l’Hip Hop porta nell’abbigliamento vestiti molto larghi, cappellini con visiera, scarpe da ginnastica, mentre la musica è, ovviamente il rap. A livello sociale ha rappresentato sicuramente una forma di protesta molto forte, pacifista, politicizzata e creativa (graffiti, break dance).
  • Cool Hunting e Paninari: Subcultura giovanile italiana molto anni ’80 (beh, molto certi anni ’80, sigh). Nata a Milano, a livello di abbigliamento si caratterizzano da borse Naj Oleari, scarpe Timberland, piumini Moncler: più in generale rifiutano vestiti eleganti e abbracciano uno stile maggiormente rozzo e mascolino. Sono durati poco, anche grazie a un rapporto con i media particolarmente forte che ha accelerato quindi il processo di annullamento del trend originario attraverso la mediatizzazione. La subcultura giovanile dei paninari si diffonderà, comunque, anche all’estero in alcune importanti metropoli europee.

Cool Hunting & Grunge, Britpop

  • Cool Hunting e Grunge: Violenta e rabbiosa reazione a ciò che certi anni ’80 avevano rappresentato a livello sociale, culturale, politico e musicale, ovvero gli yuppie, il consumismo, la musichetta di plastica, il lusso, le politiche di Reagan, della Thatcher e di Bush, l’ossessione per la categoria sociale del “winner”, il “vincente” a tutti i costi a discapito del “loser”, il “perdente”, il “beautiful loser” che svilupperà una propria etica ed estetica proprio a partire da Kurt Cobain dei Nirvana e continuando poi con Beck (celebre la sua Hit “Loser”) e Thom Yorke dei Radiohead, il grunge (che sta per sporco, maleodorante) è nato alla fine degli anni ’80 a Seattle ed esplose a livello sociale, culturale e mediatico con un urlo disperato, devastante: “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana e il loro album del ’91 che la contiene, “Nevermind”, porta, letteralmente, gli anni ’80 nei ’90, facendo diventare l’alternative rock e l’underground fenomeno di massa e spodestando “Dangerous” di Micheal Jackson dalla prima posizione nelle classifiche americane dei dischi più venduti (evento simbolico assai eloquente a proposito del cambiamento culturale in atto). Jeans strappati, camicie di flanella, capelli lunghi, maglioni sformati, converse all-star, gonne lunghe, scarponi pesanti, zatteroni: l’abbigliamento grunge in generale mirava alla comodità e alla semplicità (Kurt Cobain a volte usciva col pigiama addosso). Musicalmente è un incrocio tra punk, metal, psichedelia e pop rock, anzi è stato proprio il grunge a far crollare, definitivamente, le barriere tra due generi fino a quel momento opposti (musicalmente e ideologicamente) come il metal e il punk (processo iniziato comunque con i Metallica dei primi album degli ’80); è un’ondata da cui emergeranno band molto diverse tra loro: i già citati Nirvana, Pearl Jam, Soundgarden, Alice In Chains, Afghan Whigs, Smashing Pumpkins, Screaming Trees, Hole, Mudhoney ecc. La subcultura giovanile originaria del grunge avrà davvero vita breve a causa di un processo di mediatizzazione che l’assorbirà del tutto fino ad annullarla nel giro di pochissimi anni.
  • Cool Hunting e Britpop: ovvero, ad oggi, l’ultimo grande movimento musicale in grado di generare subculture giovanili e tendenze intorno a se. Mentre il Grunge era stata una reazione a certi anni ’80, il Britpop (nato in UK nei primi anni ’90) è una reazione all’affermazione su scala planetaria dello stesso Grunge e del già citato Hip Hop: era infatti dalla fine degli anni ’80 che i laboratori musicali UK non riuscivano a imporsi fuori dai confini (l’ondata di gruppi provenienti da Madchester e lo Shoegaze in primis, che all’estero avevano raccolto solamente stenti e fallimenti), quando invece il Grunge americano, nei primi anni ’90 dilagava tra i giovani inglesi. Sono i Blur a far definitivamente esplodere, a livello “socioculturalmusicale”, il fenomeno con l’album “Parklife” (’94), caleidoscopio da cui si alzerà un’ ondata di proposte musicali, come per il Grunge, molto diverse tra loro: Oasis, Radiohead, Pulp, Kula Shaker, Suede, Verve, Elastica, Supergrass, Placebo ecc. Musicalmente, il movimento, riprenderà la tradizione inglese “modernista” mischiandola ad alternative rock, punk, new wave, psichedelia, ska, glam, shoegaze. Fred Perry, magliette Adidas, Doc Martens, la riscoperta di simboli come la Vespa o il Parka, completi tonic a tre bottoni e mocassini lucidissimi: una vera e propria controrivoluzione e ribellione, con classe, all’insegna di una fiera “inglesità”. Saranno sempre i Blur a dare origine al processo di erosione che porterà all’annullamento del fenomeno: musicalmente già estremamente eclettici, versatili, elaborati e con una forte attitudine alla sperimentazione, i Blur introdurranno, a partire dal loro album eponimo (“Blur” del ’97, anche se già nel precedente “The Great Escape” del ’95 c’erano state le prime avvisaglie) altre influenze musicali (noise, kraut-rock, lo-fi, space rock, hardcore, musica etnica, elettronica, aromi orientali) che di fatto, aprendo al movimento definitivamente la strada a possibilità infinite, paradossalmente metterà la parola “fine” ai presupposti che l’avevano originato (di lì a poco, infatti, anche i Radiohead con “Ok Computer” sempre del ’97 e i Pulp con “This Is Hardcore” del ’98 contribuiranno ulteriormente all’annullamento di questa subcultura giovanile).

 

Dedicherò altri post a cool hunting e subculture giovanili: cominciando dal fondamentale tema della coolness (concetto chiave per il cool hunting) e analizzandone origini e significato.

 

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Cool Hunting: le Subculture Giovanili anni ’40, ’50, ’60

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 20/12/2014

Andrea Carfi Consultancy_Formazione

Durante i workshop e i corsi che dedico alla figura del “Cool Hunter” (il Ricercatore di Tendenze, figura legata al mondo della moda, che negli ultimi vent’anni si è ritagliata un’importante e autonoma posizione all’interno della sociologia della cultura: affronterò questa attività professionale, approfondendola e spiegandone le origini in alcuni post futuri), dedico sempre uno spazio importante alle subculture giovanili.

Il concetto di subcultura, mutuato dalla sociologia, dall’antropologia e in particolare da uno dei campi di applicazione dell’osservazione partecipante (una delle più importanti tecniche qualitative della ricerca sociale, usata anche nel cool hunting: in generale viene impiegata per studiare un determinato gruppo sociale, una determinata cultura dall’interno e partecipando in modo attivo e totale ai loro usi e costumi), è importantissimo per descrivere quei gruppi, quei segmenti sociali che in qualche modo si distaccano dalla più ampia cultura ufficiale di cui fanno parte. Questo concetto, applicato ai movimenti giovanili, è fondamentale per capire i grandi cambiamenti che ci sono stati nella moda (intesa come complesso insieme di fenomeni sociali, non solo come abbigliamento) ed è importantissimo quindi per il cool hunter che deve, attraverso determinate tecniche e strumenti di cui parlerò in futuri post, analizzare on the road i luoghi dove le subculture giovanili (legate spesso e volentieri, come vedremo, a determinati movimenti musicali e a determinate opere cinematografiche) fermentano dando origine a nuovi stili di vita e permettendo al cool hunter, quindi, di individuare e anticipare le nuove tendenze.

Inutile dire che il ricercatore di tendenze dovrà conoscere bene quelle che sono state le subculture giovanili del passato (con le loro evoluzioni e le influenze che hanno esercitato) per capire quello che sta succedendo oggi nel campo.

Consapevole del fatto che, per trattare in modo completo ed esaustivo un tema complesso come quello delle subculture giovanili, dovrei scrivere un libro, l’obiettivo di questo post (e del prossimo) è dare uno sguardo generale, attraverso lo schema seguente, alle principali subculture giovanili dagli anni ’40 (!) a oggi (allo stesso modo di Codeluppi, 2002). Questo post è dedicato alle subculture giovanili degli anni ’40, ’50 e ’60 (quest’altro è dedicato, invece, alle subculture giovanili degli anni ’70, ’80, ’90):

Cool Hunting & Zooties, Bikers, Teddy Boys, Rockers

  •  Cool Hunting e Zooties: movimento di dandy mezzi neri e mezzi ispanici nella Harlem degli anni ’40; si vestivano con lo zoot (da qui il nome) che era un abito con giacca molto lunga e pantaloni molto larghi.
  •  Cool Hunting e Bikers: anche qui la loro origine risale agli anni ’40, movimento di motociclisti abbigliati con jeans, stivali e cosìdetto “chiodo” (giubbotto di pelle creato nel 1915). Rappresentati anche cinematograficamente nel film “Il Selvaggio” (1954) con Marlon Brando (in cui viene rappresentato il fatto, realmente accaduto, dell’invasione di un paese della California – Hollister – da parte dei Bikers), si contrapponevano all’americano medio dell’epoca che utilizzava l’automobile, vista dai Bikers come una sorta di prigione, mentre la motocicletta simboleggiava per loro la libertà, il selvaggio west (moto-cavallo), la sensualità.
  •  Cool Hunting e Teddy Boys: seguaci del rock ‘n’ roll americano di metà anni ’50.
  •  Cool Hunting e Rockers: Bikers e Teddy Boys fusi insieme in Inghilterra negli anni ’60: così si potrebbe definire questo movimento (piuttosto grezzo e rissoso) appartenente al ceto operaio e seguace del rock ‘n’ roll suonato da bianchi.

Cool Hunting & Mods, Beat, Hippy

  •  Cool Hunting e Mods: dandy della working class sofisticati, eleganti (influenzati da Francia e Italia e, a livello cinematografico, dalle commedie all’italiana per quanto riguarda l’abbigliamento; influenzati dall’Italia anche per quanto riguarda l’uso della Vespa e della Lambretta) snob, modernisti (il termine “Mods” viene da “Modernists”), innovatori, frenetici nello stile di vita (facevano uso massiccio di anfetamine per reggere determinati ritmi), amanti della cultura, amanti della musica dei neri afroamericani: rhythm and blues, soul, cool jazz (quest’ultimo, in particolare, avrà a che fare, come vedremo, con le origini del termine chiave per il cool hunting, ovvero la “coolness”). Saranno rappresentati nel film “Quadrophenia” alla fine degli anni  ’70, film tratto dall’omonimo album doppio degli Who.
  • Cool Hunting e Beat: movimento che negli anni ’50, in America, inaugura la contrapposizione tra le culture che vengono abbracciate dai Beat (culture e filosofie orientali, nuovi, rivoluzionari e sperimentali modi di concepire la poesia e la narrativa, LSD ecc.) e tutto ciò che era il mito americano: successo, carriera, soldi, agiatezza, ambizione ecc. La naturale evoluzione di tutto questo non poteva che essere la subcultura giovanile seguente: ovvero gli
  • Cool Hunting e Hippy: pacifisti, antimilitaristi, portabandiera della rivolta controculturale che porterà agli apici della “Summer of Love” (1967), del ’68 e di Woodstock (1969) con la leggendaria performance live di Jimi Hendrix che violenterà l’inno americano facendolo diventare un vulcano di distorsioni. Qui il movimento ha un legame inscindibile con l’esplosione rock dei ’60: Beatles, il già citato Hendrix, Who, Jefferson Airplane, Bob Dylan, Byrds, Pink Floyd, Beach Boys, Doors, Janis Joplin, solo per citarne alcuni dei più famosi. Nasce il rock psichedelico, influenzato dall’uso e abuso dell’acido lisergico e dalla volontà di aprire le porte della percezione per mostrare gli universi della mente: la psichedelia influenzerà anche l’abbigliamento, caratterizzato da un’esplosione di colori accesi, sgargianti, perfetti per esprimere quell’identità sociale e culturale così diversa dalla generazione precedente. I giovani infatti, a livello sociale, non sono più i “soggetti senza molta importanza che aspettano di diventare adulti” degli anni precedenti: in questo periodo diventano, letteralmente e definitivamente, il centro del mondo.

 

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