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Istruzione

Cool Hunting: le Subculture Giovanili anni ’40, ’50, ’60

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 20/12/2014

Andrea Carfi Consultancy_Formazione

Durante i workshop e i corsi che dedico alla figura del “Cool Hunter” (il Ricercatore di Tendenze, figura legata al mondo della moda, che negli ultimi vent’anni si è ritagliata un’importante e autonoma posizione all’interno della sociologia della cultura: affronterò questa attività professionale, approfondendola e spiegandone le origini in alcuni post futuri), dedico sempre uno spazio importante alle subculture giovanili.

Il concetto di subcultura, mutuato dalla sociologia, dall’antropologia e in particolare da uno dei campi di applicazione dell’osservazione partecipante (una delle più importanti tecniche qualitative della ricerca sociale, usata anche nel cool hunting: in generale viene impiegata per studiare un determinato gruppo sociale, una determinata cultura dall’interno e partecipando in modo attivo e totale ai loro usi e costumi), è importantissimo per descrivere quei gruppi, quei segmenti sociali che in qualche modo si distaccano dalla più ampia cultura ufficiale di cui fanno parte. Questo concetto, applicato ai movimenti giovanili, è fondamentale per capire i grandi cambiamenti che ci sono stati nella moda (intesa come complesso insieme di fenomeni sociali, non solo come abbigliamento) ed è importantissimo quindi per il cool hunter che deve, attraverso determinate tecniche e strumenti di cui parlerò in futuri post, analizzare on the road i luoghi dove le subculture giovanili (legate spesso e volentieri, come vedremo, a determinati movimenti musicali e a determinate opere cinematografiche) fermentano dando origine a nuovi stili di vita e permettendo al cool hunter, quindi, di individuare e anticipare le nuove tendenze.

Inutile dire che il ricercatore di tendenze dovrà conoscere bene quelle che sono state le subculture giovanili del passato (con le loro evoluzioni e le influenze che hanno esercitato) per capire quello che sta succedendo oggi nel campo.

Consapevole del fatto che, per trattare in modo completo ed esaustivo un tema complesso come quello delle subculture giovanili, dovrei scrivere un libro, l’obiettivo di questo post (e del prossimo) è dare uno sguardo generale, attraverso lo schema seguente, alle principali subculture giovanili dagli anni ’40 (!) a oggi (allo stesso modo di Codeluppi, 2002). Questo post è dedicato alle subculture giovanili degli anni ’40, ’50 e ’60 (quest’altro è dedicato, invece, alle subculture giovanili degli anni ’70, ’80, ’90):

Cool Hunting & Zooties, Bikers, Teddy Boys, Rockers

  •  Cool Hunting e Zooties: movimento di dandy mezzi neri e mezzi ispanici nella Harlem degli anni ’40; si vestivano con lo zoot (da qui il nome) che era un abito con giacca molto lunga e pantaloni molto larghi.
  •  Cool Hunting e Bikers: anche qui la loro origine risale agli anni ’40, movimento di motociclisti abbigliati con jeans, stivali e cosìdetto “chiodo” (giubbotto di pelle creato nel 1915). Rappresentati anche cinematograficamente nel film “Il Selvaggio” (1954) con Marlon Brando (in cui viene rappresentato il fatto, realmente accaduto, dell’invasione di un paese della California – Hollister – da parte dei Bikers), si contrapponevano all’americano medio dell’epoca che utilizzava l’automobile, vista dai Bikers come una sorta di prigione, mentre la motocicletta simboleggiava per loro la libertà, il selvaggio west (moto-cavallo), la sensualità.
  •  Cool Hunting e Teddy Boys: seguaci del rock ‘n’ roll americano di metà anni ’50.
  •  Cool Hunting e Rockers: Bikers e Teddy Boys fusi insieme in Inghilterra negli anni ’60: così si potrebbe definire questo movimento (piuttosto grezzo e rissoso) appartenente al ceto operaio e seguace del rock ‘n’ roll suonato da bianchi.

Cool Hunting & Mods, Beat, Hippy

  •  Cool Hunting e Mods: dandy della working class sofisticati, eleganti (influenzati da Francia e Italia e, a livello cinematografico, dalle commedie all’italiana per quanto riguarda l’abbigliamento; influenzati dall’Italia anche per quanto riguarda l’uso della Vespa e della Lambretta) snob, modernisti (il termine “Mods” viene da “Modernists”), innovatori, frenetici nello stile di vita (facevano uso massiccio di anfetamine per reggere determinati ritmi), amanti della cultura, amanti della musica dei neri afroamericani: rhythm and blues, soul, cool jazz (quest’ultimo, in particolare, avrà a che fare, come vedremo, con le origini del termine chiave per il cool hunting, ovvero la “coolness”). Saranno rappresentati nel film “Quadrophenia” alla fine degli anni  ’70, film tratto dall’omonimo album doppio degli Who.
  • Cool Hunting e Beat: movimento che negli anni ’50, in America, inaugura la contrapposizione tra le culture che vengono abbracciate dai Beat (culture e filosofie orientali, nuovi, rivoluzionari e sperimentali modi di concepire la poesia e la narrativa, LSD ecc.) e tutto ciò che era il mito americano: successo, carriera, soldi, agiatezza, ambizione ecc. La naturale evoluzione di tutto questo non poteva che essere la subcultura giovanile seguente: ovvero gli
  • Cool Hunting e Hippy: pacifisti, antimilitaristi, portabandiera della rivolta controculturale che porterà agli apici della “Summer of Love” (1967), del ’68 e di Woodstock (1969) con la leggendaria performance live di Jimi Hendrix che violenterà l’inno americano facendolo diventare un vulcano di distorsioni. Qui il movimento ha un legame inscindibile con l’esplosione rock dei ’60: Beatles, il già citato Hendrix, Who, Jefferson Airplane, Bob Dylan, Byrds, Pink Floyd, Beach Boys, Doors, Janis Joplin, solo per citarne alcuni dei più famosi. Nasce il rock psichedelico, influenzato dall’uso e abuso dell’acido lisergico e dalla volontà di aprire le porte della percezione per mostrare gli universi della mente: la psichedelia influenzerà anche l’abbigliamento, caratterizzato da un’esplosione di colori accesi, sgargianti, perfetti per esprimere quell’identità sociale e culturale così diversa dalla generazione precedente. I giovani infatti, a livello sociale, non sono più i “soggetti senza molta importanza che aspettano di diventare adulti” degli anni precedenti: in questo periodo diventano, letteralmente e definitivamente, il centro del mondo.

 

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Formazione Formatori: il Role Playing

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 06/12/2014

 

andrea carfiImpossibile, per quanto mi riguarda, pensare a un intervento formativo che non abbia la necessaria e funzionale alternanza teoria/pratica: per il sottoscritto la formazione senza una parte pratica non è formazione, è semplice informazione.

Il Role Playing è una delle tecniche più efficaci attraverso cui si permette ai discenti di interpretare dei ruoli lavorativi oggetto dell’intervento formativo che si sta erogando oppure dei ruoli non legati a una competenza tecnico-professionale in particolare, ma che è necessario interpretare per mettere in pratica competenze trasversali (soft skills: ad esempio comunicazione, gestione dello stress, problem solving, teamwork, capacità di lavorare in autonomia, mediazione, negoziazione, gestione del tempo, leadership, flessibilità ecc.) importanti per quel profilo professionale e precedentemente trasmesse ai discenti attraverso tecniche di lezione frontale teorica.
I Role Playing (e le esercitazioni pratiche in genere) sono strumenti che un formatore quindi deve usare in aula.

Il Role Playing, detto anche simulazione, è una tecnica di allenamento formativo utilizzata per lo sviluppo delle abilità che sostengono l’interpretazione efficace di un ruolo professionale: to play in inglese significa sia giocare sia rappresentare in senso teatrale, tanto che alcuni partecipanti hanno ribattezzato “scenette” questi importanti momenti didattici il cui obiettivo è quello di ricreare in “palestra” una situazione professionale di comunicazione o di gestione in modo “verosimile”, ossia quanto più possibile vicino alla realtà.

 

Il valore di questa tecnica di allenamento consiste nell’assicurare la necessaria preparazione atletica e psicologica fondata su due presupposti essenziali per lo sviluppo della professionalità:

 

1 – l’aumento della consapevolezza di sé, del proprio modo di essere e di reagire

 

2 – sfruttare l’opportunità data dai feedback provenienti dal formatore e dai colleghi in aula sulla performance in diretta del collega. Il feedback è la valutazione strutturata della performance che il formatore comunica al partecipante alla conclusione dell’interpretazione del ruolo professionale

 

Tre fattori sono importanti per il role playing quindi:

 

 

      –     il role playing deve essere funzionale agli obiettivi dell’intervento formativo

 

–          il feedback dato al partecipante deve essere pensato e comunicato come momento fondamentale della didattica e finalizzato al miglioramento/rafforzamento delle capacità e competenze dell’individuo

 

–          la motivazione del partecipante è importante per sistematizzare l’esperienza vissuta in una prospettiva di miglioramento delle sue performance professionali

 

L’impostazione del Role Playing in Formazione

Per impostare un buon role playing è necessario seguire alcuni punti:

 

 Briefing:

–          prima di cominciare è necessario far capire cosa si sta facendo e perché ai partecipanti e qual è il valore didattico: il formatore deve avere il consenso necessario dell’aula affinchè il role playing si svolga con motivazione e impegno e quindi potersi allenare al ruolo professionale

 

–          inserire i partecipanti in situazioni lavorative da riprodurre, l’indicazione che va data è di calarsi nella parte esattamente come se si fosse nel luogo di lavoro

Svolgimento:

–          la durata di un role playing varia a seconda della situazione da interpretare: se per un colloquio di selezione possono bastare 10/15 minuti, per una simulazione di docenza il tempo necessario indubbiamente dovrà aumentare.

 

–          Il formatore darà il via; nel momento in cui il role playing dovesse continuare oltre il tempo necessario, il formatore darà lo stop.

Debriefing:

–          Concluso il role playing ci sarà l’altrettanto importante momento del feedback; è necessario il riscontro immediatamente dopo la performance. Il feedback si concentrerà soprattutto su aspetti comunicativi, di gestione, metodologici

 

–          Il feedback si dividerà in tre fondamentali fasi:

1 – autovalutazione del partecipante rispetto al role playing appena svolto (il docente formatore stimolerà il discente protagonista della “scenetta” appena interpretata attraverso domande come: “come è andata?”, “come ti sei sentito in questo ruolo?”, “c’è qualcosa che hai osservato e che vuoi condividere con noi?”)

2 – valutazione e osservazioni dei colleghi presenti in aula (che il docente formatore dovrà stimolare attraverso domande come: “che ne pensate?”, “qualcuno vuole dire qualcosa rispetto all’esercitazione appena svolta?”, “c’è qualcosa che avete osservato e che volete condividere attraverso una riflessione?”)

3 – il formatore darà quindi il suo feedback sottolineando prima di tutto i punti forti della performance del discente con frasi come: “molto bravo in questo”, “mantieni quest’altro”, “mi è piaciuto molto quest’altro ancora”, dopodichè il docente farà riflettere il discente sui punti da migliorare (senza mai quindi usare una terminologia che faccia riferimento a “punti deboli” o a “ciò che è andato male” ma anzi usando frasi del tipo: “lavora su questo punto”, “puoi migliorare su quest’altro”, “fai attenzione a quello”). Il formatore dovrà ovviamente spiegare molto bene al discente (e a tutto il resto dell’aula) perchè sta sottolineando i vari punti (sia quelli forti, sia quelli da migliorare) e argomentare con ulteriori spiegazioni e ripetizioni.

 

Video “Formazione Formatori”

Altri post del blog di “Andrea Carfi Consultancy – Training and Media” sulla Formazione Formatori:

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 2)

– Il “Domandologo”

– Il “Logorroico” 

– L’ “Esperto Saccente

– Sperimentazione in Formazione

 

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Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 2)

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 15/11/2014

 

andrea carfi

C’è sempre, durante l’intervento di Formazione Formatori per Assistenti Sociali, un momento in cui, io e il mio collega Dott. Furio Panizzi, interpretiamo il ruolo dei discenti “problematici” (domandologo / logorroico / saccente) per mettere in difficoltà (beh, mica lo facciamo per sadismo eh :D) i partecipanti che devono affrontare, magari per la prima volta, un pubblico: i discenti che partecipano al nostro corso di Formazione Formatori per Assistenti Sociali, dopo aver progettato il loro intervento con la nostra assistenza, devono anche erogarlo. Io li “minaccio” subito, in apertura del corso:“guardate che oramai non potete più tirarvi indietro, il corso è estremamente pratico, perché il nostro obiettivo è quello di addestrarvi a progettare ed erogare interventi formativi di ottimo livello in maniera autonoma; quindi in queste giornate di corso preparatevi a mettervi in gioco e a sfruttare al massimo la possibilità che avrete di fare pratica in un contesto protetto” 

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Project Design

Project Design – ovvero la prima, fondamentale esercitazione del corso Formazione Formatori per Assistenti Sociali. Dopo aver ideato la tematica del progetto che  erogheranno, i discenti la devono mettere nero su bianco: dopo quindi avergli mostrato un progetto come esempio sulla lavagna, in modo tale da fargli capire concretamente cosa significa “Macroprogettazione” (ovvero il progetto in linee generali, in macroaree) e “Microprogettazione” (ovvero il progetto nei suoi minimi dettagli, entrando nel particolare, in microaree quindi), i discenti devono impostare il progetto da loro precedentemente ideato attraverso la metodologia e secondo le indicazioni tecniche che abbiamo fornito. A turno poi, io e il mio collega, analizziamo ogni progetto con estrema cura, studiandone la potenziale vendibilità sul mercato, discutendone con loro, inserendo cambiamenti dove è necessario e rendendoci quindi conto se le persone hanno concretamente capito o meno la metodologia del Project Design. La cosa importante che deve capire il discente è che attraverso la micro-progettazione avrà si un documento attraverso cui poter presentare il progetto ai committenti, ma soprattutto si ritroverà uno schema preciso (con tanto di tempistiche e tipologie di esercitazioni da proporre durante ogni modulo del progetto) da poter seguire nel momento in cui dovrà erogare il proprio corso: è necessario quindi che i discenti pianifichino tutto ciò che vogliono affrontare durante l’erogazione del loro intervento formativo, rendere concreta la loro visione, perché servirà soprattutto a loro stessi per orientarsi sia in fase di preparazione che di erogazione del corso.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Simulazioni di docenza

Simulazioni di Docenza – emotivamente, spesso, di grande impatto per i partecipanti (sia per coloro che non hanno mai avuto a che fare con la comunicazione in pubblico, sia per gli altri, invece, con esperienza alle spalle), è uno dei momenti in assoluto più importanti dell’intervento assieme al project design; perché solamente attraverso la pratica (pur se in un contesto ovviamente protetto, come scrivevo prima) sia i discenti che i docenti possono e devono rendersi conto, in maniera definitiva, se le competenze oggetto dell’intervento formativo sono state trasmesse correttamente e se gli obiettivi sono stati raggiunti. Il nostro compito è quello di motivare costantemente il discente e di assisterlo continuamente, rinforzandolo quando dobbiamo sottolineare quanto sia stato bravo e facendogli capire, quando è necessario, quali sono i punti su cui deve lavorare per poter migliorare. I momenti in cui, come scrivevo in apertura, io e il mio collega interpretiamo (durante la simulazione di docenza del discente), a turno, il discente domandologo, logorroico o saccente sono quelli forse più temuti durante le esercitazioni: è importante però capire come i discenti affrontino la gestione delle situazioni problematiche in aula sfruttando le indicazioni che sono state date precedentemente durante la parte teorica.

Gestualità, tono e ritmo della voce, movimento del corpo, public speaking, gestione dell’aula, gestione del tempo, gestione dello stress, problem solving, capacità di esposizione, capacità di coinvolgere il pubblico, impostazione della lezione, impostazione del progetto, mimica, uso degli strumenti didattici disponibili in aula…
 Tutto questo e altro devono essere studiati sempre con estrema attenzione per poter erogare ogni tipologia di intervento formativo: ecco perché le esercitazioni pratiche sono un momento didattico fondamentale per l’acquisizione delle competenze che i discenti potranno e dovranno poi spendere sul mercato del lavoro.

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Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 10/11/2014

 

andrea carfi

Mi ricordo molto bene quando il mio collega Formatore (e Assistente sociale) Dott.Furio Panizzi  mi disse, di punto in bianco: “Andrea come lo vedresti un progetto legato alla Formazione Formatori per Assistenti sociali?”. Ovviamente in quel momento non potevo immaginare quanto successo, in tutti i sensi, avrebbe avuto, ma qualcosa mi disse immediatamente che quell’idea non era buona, ne ottima; era eccellente! Grazie all’entusiasmo dei discenti, infatti, nacque l’ A.I.A.S.F. (Associazione Italiana Assistenti Sociali Formatori) e grazie alla validità del progetto ottenemmo l’accreditamento del C.N.O.A.S. (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali), del C.R.O.A.S. (Consiglio Regionale Ordine Assistenti Sociali) e il patrocinio del S.U.N.A.S. (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali). Ma andiamo con ordine:

All’epoca (2010) avevo progettato ed erogato moltissimi interventi legati alla formazione per i futuri formatori, ma non avevo mai pensato di indirizzarli verso specifiche categorie professionali: in questo senso l’idea della Formazione Formatori per Assistenti Sociali e l’esperienza del Dott. Furio Panizzi furono fondamentali per dar vita a un intervento che univa teoria, pratica, partecipazione attiva dei discenti e spendibilità sul mercato del lavoro in maniera estremamente funzionale: la formula dei miei corsi di Formazione Formatori (e di tutti i miei corsi), infatti, si basa sul concetto per cui tutte le parti teoriche sono immediatamente affiancate da esercitazioni pratiche attraverso le quali i discenti hanno la possibilità di mettere in pratica tutto ciò che è stato argomento della lezione e quindi sperimentarsi in un contesto protetto come quello dell’aula di formazione. Inoltre dedicavamo diverse ore alla spiegazione precisa di come poter immediatamente spendere sul mercato del lavoro le nuove competenze acquisite durante il corso una volta usciti dall’aula, offrendo tra l’altro anche assistenza post-intervento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Progettazione

Argomenti su cui ci concentravamo in modo particolare erano la Progettazione e l’Erogazione di un intervento formativo:

Progettazione:

–          Durante l’apertura del corso di formazione formatori per assistenti sociali, tra le altre cose, presentavamo in modo chiaro quali erano gli obiettivi principali che ci dovevamo porre: il creare un proprio progetto (almeno uno, nulla vietava loro di crearne di più, anzi, noi cercavamo di spingere proprio in quella direzione) da poter poi realmente proporre ed erogare presso Enti, una volta concluso l’intervento formativo in formazione formatori per assistenti sociali, era tra questi.

–          Spiegavamo in modo estremamente dettagliato, semplice e chiaro quali erano le tecniche per mettere nero su bianco un’idea che magari frullava in testa da tanto tempo nei discenti.

–          Analizzavamo e valutavamo insieme se, per il progetto che volevano erogare, poteva esserci domanda sul mercato o meno: in caso di perplessità stimolavamo il discente a pensare a qualcosa di differente, magari da noi stessi suggerito.

–          Davamo la possibilità di creare immediatamente il loro progetto lì, in aula, con la nostra assistenza ovviamente; in quel modo ci rendevamo conto se i discenti avevano perfettamente acquisito la competenza del saper progettare un intervento formativo o meno, permettendoci quindi, eventualmente, di capire quando era necessaria un’ulteriore spiegazione o un ulteriore approfondimento dell’argomento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Erogazione

Erogazione:

–          Un altro, fondamentale obiettivo principale dell’intervento era il saper erogare un corso di formazione e anche qui, ovviamente, il tandem teoria-pratica faceva da padrone

–          Attraverso la teoria affrontavamo argomenti come comunicazione efficace, public speaking, gestione del gruppo, conduzione delle attività pratiche, gestione dei casi critici, leadership, uso degli strumenti, tipologie di lezione, errori da evitare, negoziazione, coinvolgimento del gruppo, materiale didattico. Immediatamente dopo la teoria, come sempre, grande spazio alla pratica:

–          Il primo livello consisteva nella preparazione, da parte dei discenti, di alcune dispense sulla formazione che consegnavamo durante il corso e nella successiva erogazione di una lezione che si basasse sul materiale appena letto e studiato (tra l’altro esercitazione mutuata dalla “Presentazione”,famosa prova di selezione di gruppo per il profilo professionale del formatore, appunto).

–          Il secondo livello era l’erogazione, sempre da parte del discente ovviamente, di una lezione estratta da una parte del proprio progetto creato precedentemente in aula.

 

Ci sarebbero tantissime cose da dire rispetto alle dinamiche che si creavano in aula e alla metodologia usata durante le esercitazioni pratiche; metodologia che io e il mio collega pianificavamo con cura per rendere la parte pratica del corso il più possibile utile per il discente: l’obiettivo che abbiamo sempre seguito era infatti quello di rendere ogni discente pronto (con il primo progetto immediatamente spendibile sul mercato) ad affrontare una platea e un gruppo formativo (con tutte le criticità che esso comporta) subito dopo la fine del corso di formazione formatori per assistenti sociali.

Per evitare di scrivere un capitolo di un libro sulla formazione formatori per assistenti sociali, anziché un post, questi argomenti saranno oggetto del prossimo.

Video “Formazione Formatori”

 

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Selezione del personale: fase 3 (part one) – Il Colloquio di selezione Individuale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 01/11/2014

corporate-recruiting

Durante i miei corsi legati a selezione e valutazione del personale ho sempre trovato estremamente utile, a livello didattico, utilizzare un determinato schema di colloquio di selezione individuale che voglio condividere attraverso il blog di Andrea Carfi Consultancy – Training and Media. Per ogni fase del colloquio di selezione individuale ho inserito tre ulteriori punti: gli argomenti da affrontare, alcuni esempi di domande che si possono fare e cosa valutare (ovviamente tutto da contestualizzare rispetto ai requisiti richiesti per il profilo professionale oggetto del processo di selezione).

Le fasi del colloquio di selezione individuale

Il colloquio di selezione individuale – Fase 1 – Introduzione

Argomenti: saluto e presentazione / frasi introduttive / prima domanda / tema principale

 

Domande: formalità varie (es. ha raggiunto facilmente la nostra sede?; desidera un bicchiere d’acqua?) / come è giunto a interessarsi alla nostra azienda? /  per quali motivi ritiene che il contenuto della nostra inserzione possa interessarla? / nel corso del colloquio parleremo del suo curriculum scolastico e lavorativo e valuteremo se la nostra azienda può offrirle un inserimento adeguato alle sue caratteristiche, per iniziare a conoscerci vuole parlarmi del suo curriculum?

 

Cosa valutare: aspetto/presenza (impressione generale, cura della persona e dell’abbigliamento, qualità fisiche ) – modi (educazione, portamento, mimica, espressività) – espressione verbale (voce, inflessioni dialettali, fluidità verbale, proprietà terminologica, ridondanza/concisione, reticenza, espressione chiara o confusa, difetti di pronuncia) – grado di collaborazione (modo di porre le domande, di rispondere, di interagire)

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 2 – Curriculum scolastico

 

Argomenti: scuola dell’obbligo / studi superiori / studi universitari / corsi di specializzazione-master

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum formativo? / quali i problemi e le difficoltà incontrate? Come sono state affrontate? / titolo e argomento tesi / (eventualmente) per quale motivo ha interrotto gli studi? / in che modo l’iter dei suoi studi pensa che possa esserle utile per la mansione in oggetto?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum scolastico-universitario per la mansione / risultati ottenuti / motivazioni-interessi-adattabilità / relazioni interpersonali / capacità intellettive / estensione delle conoscenze-profondità delle conoscenze

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 3 – Curriculum lavorativo

 

Argomenti: prime occupazioni / lavori saltuari / lavori fissi / esperienza militare-civile (eventuale)

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum lavorativo? / in che tipo di aziende ha operato? / quali sono stati i maggiori problemi incontrati? Come li ha affrontati? / quali erano le sue principali responsabilità? / quali i rapporti con superiori e colleghi? / quale utilità dell’insegnamento scolastico nella professione? / vuole fare un’analisi dettagliata dell’ultima occupazione?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum lavorativo per la mansione proposta / competenze-preparazione / capacità / risultati / adattabilità / motivazioni-interessi-inclinazioni / relazioni interpersonali / organizzazione-coordinamento / promozioni e riconoscimenti

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 4 – Motivazioni lavorative

 

Argomenti: lavoro reale / lavoro ideale

 

Domande: per quali motivi ha nel passato cambiato lavoro? / in generale cosa si aspetta dal lavoro? / quali aspetti del lavoro giudica gratificanti? Quali meno? / perché le interessa questo lavoro? Quali vantaggi intravede? / se potesse liberamente scegliere quale occupazione svolgerebbe? / se non venisse assunto qui quali occasioni pensa che potrebbe avere? / quali sono le sue disponibilità o limiti in fatto di orari, di trasferimenti, per corsi di aggiornamento e formazione, per trasferte? / qual è stato e come si è conservato nel tempo l’orientamento iniziale negli studi e nella professione? / che contributo pensa di dare alla nostra azienda? / come si vede tra 5 anni? / come si vede tra 10 anni? / quanto conosce dell’azienda e come l’ha conosciuta? / quali sono le sue aspettative economiche e contrattuali?

 

Cosa valutare: rilevanza delle motivazioni per la mansione proposta / intensità / adeguatezza delle aspettative / disponibilità alla mobilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 5 – Interessi extralavorativi

 

Argomenti: tipologia, ampiezza, profondità degli interessi / compatibilità col lavoro

 

Domande: come preferisce trascorrere il tempo libero? / svolge attività sportive, sociali, culturali, artistiche, pratiche, filantropiche, scientifiche o d’altro tipo? / preferisce attività da svolgersi isolatamente o con altri? / quale costanza negli interessi? / quale capacità di approfondimento? / quali risultati, successi, riconoscimenti ottenuti?

 

Cosa valutare: rilevanza degli interessi per la mansione / ampiezza degli interessi / profondità degli interessi / vitalità / uso del tempo, delle energie, del danaro / maturità / sviluppo intellettivo / livello culturale / relazioni sociali / organizzazione-coordinamento

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 6 – Carattere

 

Argomenti: aspetti personali positivi / aspetti personali da migliorare / rapporto qualità personali – lavoro

 

Domande: quali ritiene siano i suoi punti di forza – capacità più sviluppate? / quali i suoi punti deboli – limitazioni? / quali aspetti personali potrebbe migliorare? / quali aspetti formativi vorrebbe approfondire? / quali critiche le vengono rivolte dalle persone che la conoscono bene? Cosa ne pensa? / può fare un’auto descrizione libera di sé e del proprio carattere? / quali sono le sue reazioni e difese a situazioni stressanti, ansiogene o frustranti? / che opinione ha di sé e dei risultati finora ottenuti? / è portato a stare con gli altri, ad accettare il dialogo, ad ascoltare? / quanto è attaccato alle proprie idee o è disponibile a cambiare opinione?

 

Cosa valutare: capacità sociali / equilibrio emozionale / iniziativa-autonomia / responsabilità-leadership / apertura di idee-creatività / capacità organizzative / regolarità- sistematicità-adattabilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 7 – Conclusioni

 

Argomenti: non evidenziare punti deboli del curriculum / autovalutazione del candidato / spiegazione contatti successivi / caratteristiche del posto offerto / congedo

 

Domande: prima di concludere il colloquio c’è qualcosa che vuole chiedermi-aggiungere? / desidera fare qualche domanda sul lavoro, sulla nostra azienda, o su qualche altro argomento che la interessa? / si spiega quale potrà essere l’attività del candidato, l’ambiente in cui dovrà operare, le condizioni di inserimento, e le possibilità di sviluppo / riassunto della mansione offerta / si stimola un’ autovalutazione della candidatura e di come possa essere andato il colloquio / quali delle sue conoscenze, esperienze, capacità, o elementi del carattere pensa potranno esserle d’aiuto o meno nell’esercizio della sua mansione?

 

Ho volutamente evitato di inserire la fase del colloquio di selezione individuale in cui si fanno domande sulla situazione familiare (famiglia d’origine e acquisita) e privata del candidato (domande su composizione della famiglia, sulle attività che svolgono i familiari, sulla formazione scolastica che hanno avuto i familiari, sul livello socio-economico e culturale della famiglia e così via), prima di tutto perchè la considero un’invasione della privacy dello stesso e poi perchè sostanzialmente inutile ai fini della selezione e valutazione: è presente in ogni caso, come fase del colloquio di selezione individuale, nella letteratura sull’argomento, voi cosa ne pensate?

[qui puoi trovare un ulteriore approfondimento su aree di indagine e domande più frequenti in un colloquio di selezione individuale]

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Selezione del personale: fase 2 – Recruiting

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 31/10/2014

 

corporate-recruiting

Abbiamo visto, nel post precedente, che le fasi del processo di selezione del personale sono quattro:

1 – Analisi della commessa
2 – Recruting
3 – Selezione e Valutazione
4 – Presentazione delle candidature

Le fasi della selezione del personale: fase 2

Recruiting:

Le fonti di reclutamento delle persone possono essere interne o esterne:

Nel caso di reclutamento interno solitamente si utilizza una ricerca informale, fatta di contatti interpersonali. Per impiegati e operai si utilizzano modalità più formalizzate con gli avvisi in bacheca. Si può far ricorso a tecniche di job posting, che in modo formalizzato portano tutti i dipendenti a conoscenza delle posizioni da ricoprire con risorse interne.

Esistono due tipologie di trasferimento:

– di carattere orizzontale (la nuova attività comporta esclusivamente un differente e più motivante impiego, in questo caso la risorsa ha sostanzialmente lo stesso ruolo di prima, tutt’al più con una retribuzione maggiore)

– di carattere verticale (la nuova attività comporta una promozione o un avanzamento di carriera).

Molto più variegate sono le fonti di reclutamento esterne:

  • il mercato del lavoro: giovani alla ricerca di prima occupazione, disoccupati, occupati che intendono cambiare impiego ecc. È sicuramente la fonte alla quale si ricorre più assiduamente, prima di tutto perché vi si possono trovare individui che consentono un inserimento operativo nella realtà aziendale quasi istantaneo. È vano nascondersi, però, che il rischio di doversi accontentare di ciò che il mercato offre è sempre molto forte;
  • gli uffici di collocamento: con tutti i rischi che ne derivano in termini di nominativi reperiti;
  • le aziende concorrenti e non;
  • scuole/università/associazioni: da cui attingere per le giovani risorse. Le richieste di elenchi presso la scuola e le università permette di avere una preziosa fonte di reclutamento per la fascia dei neolaureati e neodiplomati, una relativa sicurezza del profilo di cui si sta parlando e il probabile interesse di una persona che svolge un determinato percorso professionale a una mansione affine;
  • i contatti diretti: colleghi, conoscenze, parenti, ecc. che suggeriscono candidature, persone di particolare fiducia, passaparola tra i conoscenti: l’avere a che fare con dipendenti fidati è un elemento essenziale;
  • l’archivio: ogni ufficio di selezione del personale possiede un archivio (bacino da cui attingere per eventuali, future necessità) nel quale sono inseriti i profili dei candidati che hanno preso parte a procedenti selezioni finalizzate a costituire un bacino/serbatoio dal quale attingere. L’utilizzo dell’archivio necessita di un costante aggiornamento: vagliare e archiviare la corrispondenza, aggiornare i files, gestire il giro delle pratiche sapendo in ogni momento dove sono e mantenendolo quindi aggiornato. Per quanto riguarda i candidati ripescati dall’archivio, è chiaramente necessaria un’intervista anche per i candidati già visti, non solo come aggiornamento della carriera professionale ma anche come verifica delle motivazioni e qualità in possesso del candidato;

 

  • le inserzioni sui giornali: è il metodo classico di reperimento di personale. Il testo dell’inserzione deve riportare sempre tre contenuti importanti: l’azienda, la posizione offerta, il profilo ricercato: forma di reclutamento per eccellenza, comporta un costo elevato (ricerca personale qualificato). I giornali che pubblicano annunci di lavoro rispondono a diversi target, va valutato se il potenziale candidato di riferimento legge il quotidiano, il settimanale, o la rivista specializzata o di settore in oggetto. Per quasi tutte le mansioni impiegatizie può essere sufficiente affidarsi agli annunci gratuiti;

 

  • il recruiting online: abbattimento dei costi di archiviazione dei curricula, abbattimento dei costi di reclutamento sui canali tradizionali, utilizzo più efficace e mirato dei canali on line, eliminazione dei costi e dei tempi del lavoro amministrativo degli archivi, maggior tempo per i colloqui e base di candidature più selezionata;

 

  • head hunting: pratica attraverso cui si vanno a strappare alla concorrenza i talenti migliori, persone che ricoprono posti chiave, i soggetti ad alto livello o di non comune specializzazione, in genere da parte di agenzie specializzateInfine l’annuncio da pubblicare: deve essere breve, sintetico, con una buona esposizione, non deve esserci il riferimento al sesso, il titolo deve essere in grassetto:

 

1 – Titolo (in grassetto)

 

2 – Introduzione (es. l’agenzia tal dei tali seleziona quattro addetti/e cassa full time)

 

3 – Requisiti richiesti

 

4 – Retribuzione e tipologia contrattuale (non sempre indicata, dipende dalla volontà del committente)

 

5 – Modalità per candidarsi (con l’autorizzazione al trattamento dati personali)

 

6 – Inserimento della dicitura “l’annuncio si intende rivolto a entrambi i sessi”

 

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