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Home » BLOG » Public Speaking: tecniche per il corpo centrale

Public Speaking: tecniche per il corpo centrale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 24/10/2014

 

public-speaking-formazione

Bene, avete individuato l’obiettivo e impostato una scaletta degli argomenti da trattare durante il vostro intervento di public speaking; vi siete preparati parlando per ore allo specchio, oppure davanti a dei poveracci che vi siete assicurati come pubblico “di prova” legandoli alle sedie :D, o magari davanti a un muro o anche videoregistrandovi; avete appena aperto il vostro discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio” (per un veloce ripasso di questi punti, potete andare a rileggervi i miei due post precedenti dedicati al public speaking). Insomma siete pronti per lanciarvi nel vivo del vostro intervento e il concetto fondamentale su cui voglio soffermarmi è quello di “curva dell’attenzione”: “curva” perchè l’attenzione del pubblico inizialmente è alta, ma dopo 15 minuti circa comincia a calare, fisiologicamente.

Public Speaking: cosa fare per mantenere l’attenzione

Cosa può fare quindi, l’oratore, per mantenerla sempre a un livello alto?

1 –  prevedere, in scaletta, assieme agli argomenti da trattare e a cosa inserire in apertura e in conclusione (conclusione che vedremo nel prossimo post), degli “stacchi”, ovvero dei momenti che permettano al pubblico di rimanere ai livelli alti della curva dell’attenzione. E voi direte: “ok, e cosa facciamo, durante questi stacchi, ci mettiamo a ballare e a cantare?” No, o almeno non necessariamente :D. Le tecniche da usare durante questi stacchi sono, sostanzialmente, gli stessi che avete usato in apertura (e che userete anche in chiusura). Ve li indico qui sotto:
– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente
Inserite almeno una di queste (nulla vi vieta di inserirne più d’una, anzi più ne inserite meglio è) ogni 15 minuti, durante il vostro intervento e avrete una platea costantemente attenta e ricettiva.
2 – curate sempre tanto, tanto, tanto la comunicazione paraverbale (tono e ritmo della voce) e quella non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica): un conto è ascoltare un oratore che sul palco si muove, è espressivo, usa la gestualità in modo efficace, guarda tutti mentre parla (se il numero è limitato) o comunque si rivolge a tutti (sinistra, destra, centro, insomma par condicio :D), sorride, è dinamico nel tono e nel ritmo della sua voce utilizzando, a seconda dei momenti del discorso, toni alti e bassi, ritmi veloci e lenti; un altro conto è ascoltare un oratore immobile, che guarda sempre nella stessa direzione, che usa un tono e un ritmo della voce monocorde, che non è espressivo e non sorride mai e che non usa la gestualità (la sfortunata platea di quest’ultimo potreste osservarla mentre si addormenta dopo cinque minuti dall’inizio dell’intervento).
3 – se il vostro discorso dura più di 45 minuti/un’ora, sarebbe meglio prevedere delle vere e proprie piccole pause per la platea (e anche per voi; ebbene si, anche i public speaker che sembrano siano attraversati dalla corrente elettrica, a volte, hanno bisogno di una piccola pausa :D)

 Public Speaking: la “rottura degli schemi”

L’altro punto che vorrei affrontare, rispetto al corpo centrale, è quello della rottura degli schemi: pensate a un formatore e a un public speaker che durante un intervento sulla tematica della formazione formatori (dove avrebbe dovuto parlare di come un docente competente si deve comportare in aula con un tempo a disposizione davvero limitato), decide invece di interpretare (senza avvertire la platea dell’idea malsana che gli passa per la testa) il comportamento di un docente incompetente, lanciandosi, per qualche minuto, in una drammatica performance (pensate al peggior formatore che vi sia mai capitato di osservare, ecco, siete ancora lontani dall’immaginarvi la sua interpretazione) che lascia, letteralmente, senza parole la platea. Ad un certo punto, dopo qualche minuto si ferma, si rivolge alla platea dicendo: “avete presente tutto quello che ho fatto finora? Ecco, è tutto ciò che un formatore non deve fare e non deve essere“, mostrando e spiegando poi nel dettaglio, ovviamente, quello che un formatore invece deve fare e deve essere e nuovamente quello che non deve fare e non deve essere).
Una cosa è certa, i partecipanti a un intervento del genere non si scorderanno mai quello che non deve essere il comportamento del formatore in aula e il punto è proprio questo: vi ricordate il nesso che ho fatto con il film (durante il mio primo post sul public speaking, quello legato alla preparazione) riguardo all’importanza dell’inizio e del finale sia di una pellicola, sia di un intervento in pubblico anche perchè la platea tende a ricordarli molto bene? Perfetto, un’altra cosa che il pubblico tenderà a ricordare molto bene sono le cose particolari, originali, “strane” (con echi dell’Ivano verdoniano :D) che in qualche modo insomma si distaccano da tutto il resto (l’interpretazione, a sorpresa e senza avvertire la platea, del docente formatore incompetente) e la ripetizione dei concetti (cosa non deve fare il docente, cosa deve fare il docente e di nuovo cosa non deve fare il docente).
Il prossimo post sarà dedicato alla chiusura del discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio”.

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