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Home » livelli della comunicazione

livelli della comunicazione

Qual’è il “motore” della Comunicazione Telefonica eccellente?

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 16/12/2016

Abbiamo progettato ed erogato molti interventi formativi nell’area della Comunicazione Telefonica (l’ultimo, ancora in corso, lo stiamo erogando a Dublino presso Crédit Agricole Creditor Insurance per gli Operatori del Contact Center aziendale):

 

una delle prime cose su cui mi soffermo, immediatamente dopo una prima parte dedicata ai livelli & stili della Comunicazione e alla fondamentale importanza dell’utilizzo efficace della voce al telefono, è quello che mi piace definire come il “motore” della comunicazione telefonica eccellente.

La Disposizione Positiva e la Comunicazione Telefonica Eccellente

Il Comportamento del cliente al telefono è profondamente influenzato dal modo in cui, in quel momento, stiamo comunicando con lui: se gli comunichiamo, ad esempio, apertura e disponibilità, certamente il cliente sarà influenzato positivamente dal nostro atteggiamento nei suoi confronti e reagirà sulla base della benevolenza che saremo riusciti a suscitare in lui attraverso quel particolare modo di fare.

Per comunicare sempre al cliente apertura e disponibilità hai però bisogno di utilizzare uno degli strumenti più potenti legati al servizio telefonico: la Disposizione Positiva (dietro la quale ci deve essere ovviamente un atteggiamento mentale aperto e positivo) verso il cliente, che è il “motore” della Comunicazione Telefonica eccellente di cui ti parlavo. Se non utilizzi la Disposizione Positiva (essere ben disposti, premurosi, attenti concreti, fiduciosi, sicuri) con il cliente, tutte le altre competenze legate alla comunicazione telefonica diventano inutili, perché mancherebbe la base su cui costruire tutto il resto.

La Disposizione positiva, infatti:

  • Riduce la possibilità di irritare il cliente
  • Stabilisce un rapporto cordiale con il cliente
  • Riduce lo stress
  • Aumenta il gusto di lavorare e quindi ti aiuta a lavorare meglio
  • Ti motiva ad agire più rapidamente
  • Migliora l’ambiente di lavoro

Ovviamente non è sempre facile attivare e conservare in ogni momento la Disposizione Positiva nei confronti del cliente: prossimamente, su questo blog, pubblicherò un post a proposito della “Top 10” delle azioni da mettere in campo per permetterti di utilizzarla in ogni situazione.

 

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Comunicazione: i 3 livelli

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 28/03/2015

comunicazione-interpersonale-formazione-consulenza“Curate la comunicazione paraverbale (tono, ritmo della voce) e non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica), su questo concetto ritornerò, in modi diversi, in tutti i post che dedicherò al public speaking, tale è la sua importanza; per il momento riflettete sul fatto che questi due livelli della comunicazione (paraverbale e non verbale) hanno, insieme, un impatto pari al 93% (93%!) rispetto all’efficacia del vostro messaggio al ricevente (in particolare al paraverbale va un 38% e al non verbale un 55%): un misero 7% dell’efficacia del vostro messaggio è lasciato al verbale (contenuto, parole, frasi del messaggio). Per dirla in poche e semplici parole, curate soprattutto il modo (paraverbale e non verbale) in cui comunicate, perchè dipenderà da questo l’efficacia o meno del vostro discorso (o lezione o corso)“. 

In questo modo, nella serie dei post dedicati al public speaking (preparazione, apertura, corpo centrale e chiusura del discorso in pubblico) introducevo uno dei più importanti principi della comunicazione: ognuno dovrebbe tenerlo appeso sulle pareti di casa e leggerlo ogni giorno ad alta voce come un mantra. I grandi comunicatori sono infatti proprio coloro che sanno perfettamente come usare in modo funzionale ed efficace i livelli paraverbale e non verbale della comunicazione e i formatori e i public speaker, infatti, che riescono realmente a raggiungere il pubblico, allo stesso modo possiedono eccellenti competenze comunicative paraverbali e non verbali:

Livello Verbale (7%): le parole scritte o parlate, il contenuto del vostro messaggio che ha un’importanza davvero relativa nella comunicazione, se paragonato agli altri livelli.

Livello Paraverbale (38%): tono della voce, ritmo della voce, volume della voce, espressività della voce, pause, silenzi, sospiri… L’insieme, insomma, delle caratteristiche della voce e del modo di pronunciare il vostro messaggio: l’importanza di questo livello nella comunicazione è enorme, basta confrontare le percentuali di questo livello (38%!) e del precedente (7%!).

Livello Non Verbale (55%): ovvero postura (la posizione del corpo nello spazio), gestualità, mimica (espressioni del volto, sguardo, sorriso), prossemica (il modo di porsi nello spazio di emittente/i e ricevente/i), movimenti delle mani, odori, abbigliamento e aspetto esteriore): se il livello paraverbale è importante, questo lo è ancora di più e insieme (paraverbale e non verbale) sono ciò che permettono all’emittente di toccare, a livello comunicativo, realmente il ricevente.

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Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 10/11/2014

 

andrea carfi

Mi ricordo molto bene quando il mio collega Formatore (e Assistente sociale) Dott.Furio Panizzi  mi disse, di punto in bianco: “Andrea come lo vedresti un progetto legato alla Formazione Formatori per Assistenti sociali?”. Ovviamente in quel momento non potevo immaginare quanto successo, in tutti i sensi, avrebbe avuto, ma qualcosa mi disse immediatamente che quell’idea non era buona, ne ottima; era eccellente! Grazie all’entusiasmo dei discenti, infatti, nacque l’ A.I.A.S.F. (Associazione Italiana Assistenti Sociali Formatori) e grazie alla validità del progetto ottenemmo l’accreditamento del C.N.O.A.S. (Consiglio Nazionale Ordine Assistenti Sociali), del C.R.O.A.S. (Consiglio Regionale Ordine Assistenti Sociali) e il patrocinio del S.U.N.A.S. (Sindacato Unitario Nazionale Assistenti Sociali). Ma andiamo con ordine:

All’epoca (2010) avevo progettato ed erogato moltissimi interventi legati alla formazione per i futuri formatori, ma non avevo mai pensato di indirizzarli verso specifiche categorie professionali: in questo senso l’idea della Formazione Formatori per Assistenti Sociali e l’esperienza del Dott. Furio Panizzi furono fondamentali per dar vita a un intervento che univa teoria, pratica, partecipazione attiva dei discenti e spendibilità sul mercato del lavoro in maniera estremamente funzionale: la formula dei miei corsi di Formazione Formatori (e di tutti i miei corsi), infatti, si basa sul concetto per cui tutte le parti teoriche sono immediatamente affiancate da esercitazioni pratiche attraverso le quali i discenti hanno la possibilità di mettere in pratica tutto ciò che è stato argomento della lezione e quindi sperimentarsi in un contesto protetto come quello dell’aula di formazione. Inoltre dedicavamo diverse ore alla spiegazione precisa di come poter immediatamente spendere sul mercato del lavoro le nuove competenze acquisite durante il corso una volta usciti dall’aula, offrendo tra l’altro anche assistenza post-intervento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Progettazione

Argomenti su cui ci concentravamo in modo particolare erano la Progettazione e l’Erogazione di un intervento formativo:

Progettazione:

–          Durante l’apertura del corso di formazione formatori per assistenti sociali, tra le altre cose, presentavamo in modo chiaro quali erano gli obiettivi principali che ci dovevamo porre: il creare un proprio progetto (almeno uno, nulla vietava loro di crearne di più, anzi, noi cercavamo di spingere proprio in quella direzione) da poter poi realmente proporre ed erogare presso Enti, una volta concluso l’intervento formativo in formazione formatori per assistenti sociali, era tra questi.

–          Spiegavamo in modo estremamente dettagliato, semplice e chiaro quali erano le tecniche per mettere nero su bianco un’idea che magari frullava in testa da tanto tempo nei discenti.

–          Analizzavamo e valutavamo insieme se, per il progetto che volevano erogare, poteva esserci domanda sul mercato o meno: in caso di perplessità stimolavamo il discente a pensare a qualcosa di differente, magari da noi stessi suggerito.

–          Davamo la possibilità di creare immediatamente il loro progetto lì, in aula, con la nostra assistenza ovviamente; in quel modo ci rendevamo conto se i discenti avevano perfettamente acquisito la competenza del saper progettare un intervento formativo o meno, permettendoci quindi, eventualmente, di capire quando era necessaria un’ulteriore spiegazione o un ulteriore approfondimento dell’argomento.

Formazione Formatori per Assistenti Sociali: Erogazione

Erogazione:

–          Un altro, fondamentale obiettivo principale dell’intervento era il saper erogare un corso di formazione e anche qui, ovviamente, il tandem teoria-pratica faceva da padrone

–          Attraverso la teoria affrontavamo argomenti come comunicazione efficace, public speaking, gestione del gruppo, conduzione delle attività pratiche, gestione dei casi critici, leadership, uso degli strumenti, tipologie di lezione, errori da evitare, negoziazione, coinvolgimento del gruppo, materiale didattico. Immediatamente dopo la teoria, come sempre, grande spazio alla pratica:

–          Il primo livello consisteva nella preparazione, da parte dei discenti, di alcune dispense sulla formazione che consegnavamo durante il corso e nella successiva erogazione di una lezione che si basasse sul materiale appena letto e studiato (tra l’altro esercitazione mutuata dalla “Presentazione”,famosa prova di selezione di gruppo per il profilo professionale del formatore, appunto).

–          Il secondo livello era l’erogazione, sempre da parte del discente ovviamente, di una lezione estratta da una parte del proprio progetto creato precedentemente in aula.

 

Ci sarebbero tantissime cose da dire rispetto alle dinamiche che si creavano in aula e alla metodologia usata durante le esercitazioni pratiche; metodologia che io e il mio collega pianificavamo con cura per rendere la parte pratica del corso il più possibile utile per il discente: l’obiettivo che abbiamo sempre seguito era infatti quello di rendere ogni discente pronto (con il primo progetto immediatamente spendibile sul mercato) ad affrontare una platea e un gruppo formativo (con tutte le criticità che esso comporta) subito dopo la fine del corso di formazione formatori per assistenti sociali.

Per evitare di scrivere un capitolo di un libro sulla formazione formatori per assistenti sociali, anziché un post, questi argomenti saranno oggetto del prossimo.

Video “Formazione Formatori”

 

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Selezione del personale: fase 3 (part one) – Il Colloquio di selezione Individuale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 01/11/2014

corporate-recruiting

Durante i miei corsi legati a selezione e valutazione del personale ho sempre trovato estremamente utile, a livello didattico, utilizzare un determinato schema di colloquio di selezione individuale che voglio condividere attraverso il blog di Andrea Carfi Consultancy – Training and Media. Per ogni fase del colloquio di selezione individuale ho inserito tre ulteriori punti: gli argomenti da affrontare, alcuni esempi di domande che si possono fare e cosa valutare (ovviamente tutto da contestualizzare rispetto ai requisiti richiesti per il profilo professionale oggetto del processo di selezione).

Le fasi del colloquio di selezione individuale

Il colloquio di selezione individuale – Fase 1 – Introduzione

Argomenti: saluto e presentazione / frasi introduttive / prima domanda / tema principale

 

Domande: formalità varie (es. ha raggiunto facilmente la nostra sede?; desidera un bicchiere d’acqua?) / come è giunto a interessarsi alla nostra azienda? /  per quali motivi ritiene che il contenuto della nostra inserzione possa interessarla? / nel corso del colloquio parleremo del suo curriculum scolastico e lavorativo e valuteremo se la nostra azienda può offrirle un inserimento adeguato alle sue caratteristiche, per iniziare a conoscerci vuole parlarmi del suo curriculum?

 

Cosa valutare: aspetto/presenza (impressione generale, cura della persona e dell’abbigliamento, qualità fisiche ) – modi (educazione, portamento, mimica, espressività) – espressione verbale (voce, inflessioni dialettali, fluidità verbale, proprietà terminologica, ridondanza/concisione, reticenza, espressione chiara o confusa, difetti di pronuncia) – grado di collaborazione (modo di porre le domande, di rispondere, di interagire)

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 2 – Curriculum scolastico

 

Argomenti: scuola dell’obbligo / studi superiori / studi universitari / corsi di specializzazione-master

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum formativo? / quali i problemi e le difficoltà incontrate? Come sono state affrontate? / titolo e argomento tesi / (eventualmente) per quale motivo ha interrotto gli studi? / in che modo l’iter dei suoi studi pensa che possa esserle utile per la mansione in oggetto?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum scolastico-universitario per la mansione / risultati ottenuti / motivazioni-interessi-adattabilità / relazioni interpersonali / capacità intellettive / estensione delle conoscenze-profondità delle conoscenze

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 3 – Curriculum lavorativo

 

Argomenti: prime occupazioni / lavori saltuari / lavori fissi / esperienza militare-civile (eventuale)

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum lavorativo? / in che tipo di aziende ha operato? / quali sono stati i maggiori problemi incontrati? Come li ha affrontati? / quali erano le sue principali responsabilità? / quali i rapporti con superiori e colleghi? / quale utilità dell’insegnamento scolastico nella professione? / vuole fare un’analisi dettagliata dell’ultima occupazione?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum lavorativo per la mansione proposta / competenze-preparazione / capacità / risultati / adattabilità / motivazioni-interessi-inclinazioni / relazioni interpersonali / organizzazione-coordinamento / promozioni e riconoscimenti

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 4 – Motivazioni lavorative

 

Argomenti: lavoro reale / lavoro ideale

 

Domande: per quali motivi ha nel passato cambiato lavoro? / in generale cosa si aspetta dal lavoro? / quali aspetti del lavoro giudica gratificanti? Quali meno? / perché le interessa questo lavoro? Quali vantaggi intravede? / se potesse liberamente scegliere quale occupazione svolgerebbe? / se non venisse assunto qui quali occasioni pensa che potrebbe avere? / quali sono le sue disponibilità o limiti in fatto di orari, di trasferimenti, per corsi di aggiornamento e formazione, per trasferte? / qual è stato e come si è conservato nel tempo l’orientamento iniziale negli studi e nella professione? / che contributo pensa di dare alla nostra azienda? / come si vede tra 5 anni? / come si vede tra 10 anni? / quanto conosce dell’azienda e come l’ha conosciuta? / quali sono le sue aspettative economiche e contrattuali?

 

Cosa valutare: rilevanza delle motivazioni per la mansione proposta / intensità / adeguatezza delle aspettative / disponibilità alla mobilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 5 – Interessi extralavorativi

 

Argomenti: tipologia, ampiezza, profondità degli interessi / compatibilità col lavoro

 

Domande: come preferisce trascorrere il tempo libero? / svolge attività sportive, sociali, culturali, artistiche, pratiche, filantropiche, scientifiche o d’altro tipo? / preferisce attività da svolgersi isolatamente o con altri? / quale costanza negli interessi? / quale capacità di approfondimento? / quali risultati, successi, riconoscimenti ottenuti?

 

Cosa valutare: rilevanza degli interessi per la mansione / ampiezza degli interessi / profondità degli interessi / vitalità / uso del tempo, delle energie, del danaro / maturità / sviluppo intellettivo / livello culturale / relazioni sociali / organizzazione-coordinamento

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 6 – Carattere

 

Argomenti: aspetti personali positivi / aspetti personali da migliorare / rapporto qualità personali – lavoro

 

Domande: quali ritiene siano i suoi punti di forza – capacità più sviluppate? / quali i suoi punti deboli – limitazioni? / quali aspetti personali potrebbe migliorare? / quali aspetti formativi vorrebbe approfondire? / quali critiche le vengono rivolte dalle persone che la conoscono bene? Cosa ne pensa? / può fare un’auto descrizione libera di sé e del proprio carattere? / quali sono le sue reazioni e difese a situazioni stressanti, ansiogene o frustranti? / che opinione ha di sé e dei risultati finora ottenuti? / è portato a stare con gli altri, ad accettare il dialogo, ad ascoltare? / quanto è attaccato alle proprie idee o è disponibile a cambiare opinione?

 

Cosa valutare: capacità sociali / equilibrio emozionale / iniziativa-autonomia / responsabilità-leadership / apertura di idee-creatività / capacità organizzative / regolarità- sistematicità-adattabilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 7 – Conclusioni

 

Argomenti: non evidenziare punti deboli del curriculum / autovalutazione del candidato / spiegazione contatti successivi / caratteristiche del posto offerto / congedo

 

Domande: prima di concludere il colloquio c’è qualcosa che vuole chiedermi-aggiungere? / desidera fare qualche domanda sul lavoro, sulla nostra azienda, o su qualche altro argomento che la interessa? / si spiega quale potrà essere l’attività del candidato, l’ambiente in cui dovrà operare, le condizioni di inserimento, e le possibilità di sviluppo / riassunto della mansione offerta / si stimola un’ autovalutazione della candidatura e di come possa essere andato il colloquio / quali delle sue conoscenze, esperienze, capacità, o elementi del carattere pensa potranno esserle d’aiuto o meno nell’esercizio della sua mansione?

 

Ho volutamente evitato di inserire la fase del colloquio di selezione individuale in cui si fanno domande sulla situazione familiare (famiglia d’origine e acquisita) e privata del candidato (domande su composizione della famiglia, sulle attività che svolgono i familiari, sulla formazione scolastica che hanno avuto i familiari, sul livello socio-economico e culturale della famiglia e così via), prima di tutto perchè la considero un’invasione della privacy dello stesso e poi perchè sostanzialmente inutile ai fini della selezione e valutazione: è presente in ogni caso, come fase del colloquio di selezione individuale, nella letteratura sull’argomento, voi cosa ne pensate?

[qui puoi trovare un ulteriore approfondimento su aree di indagine e domande più frequenti in un colloquio di selezione individuale]

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Public Speaking: tecniche di chiusura

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 26/10/2014

public-speaking-formazione

Ed eccoci qui, avete attraversato tutte le fasi del vostro intervento in pubblico (per un veloce ripasso, potete sempre andare a rileggervi i tre precedenti post sul public speaking), è andato tutto alla grande e la platea è attentissima, partecipe, coinvolta: sarebbe un grave errore concludere senza un finale degno di questo nome perchè, come vi dicevo nei precedenti post, al pubblico rimarranno impressi soprattutto:
– Apertura
– Rottura degli schemi
– Ripetizione dei concetti
– Chiusura 

Public Speaking: i 3 momenti della chiusura del discorso

La chiusura del vostro intervento di public speaking può avere addirittura tre momenti:

– Il richiamare quelli che sono stati i punti cardine del vostro discorso con il pubblico: una sorta di riassunto schematico dell’intervento attraverso i suoi concetti chiave, che non solo serve a chiarire ulteriormente i punti salienti che sono stati appena trattati, ma è anche utile per creare quella tensione positiva e utile alla platea per prepararsi adeguatamente al gran finale.

– La chiamata all’azione: in relazione a quelli che sono obiettivi, tematiche, argomenti del vostro intervento, questo momento è importante per chiedere direttamente ai partecipanti di agire in un certo modo. L’azione richiesta al pubblico deve essere realistica, fattibile, definita, concreta.

– Il vero e proprio gran finale: si chiude il cerchio concludendo con le stesse tecniche che avete usato in apertura e per i vostri “stacchi” durante il corpo centrale del vostro intervento (nuovamente voglio sottolineare che ne potete usare anche più di una nello stesso momento), ve le indico per l’ultima volta qui di seguito:

– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente

 

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Public Speaking: tecniche per il corpo centrale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 24/10/2014

 

public-speaking-formazione

Bene, avete individuato l’obiettivo e impostato una scaletta degli argomenti da trattare durante il vostro intervento di public speaking; vi siete preparati parlando per ore allo specchio, oppure davanti a dei poveracci che vi siete assicurati come pubblico “di prova” legandoli alle sedie :D, o magari davanti a un muro o anche videoregistrandovi; avete appena aperto il vostro discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio” (per un veloce ripasso di questi punti, potete andare a rileggervi i miei due post precedenti dedicati al public speaking). Insomma siete pronti per lanciarvi nel vivo del vostro intervento e il concetto fondamentale su cui voglio soffermarmi è quello di “curva dell’attenzione”: “curva” perchè l’attenzione del pubblico inizialmente è alta, ma dopo 15 minuti circa comincia a calare, fisiologicamente.

Public Speaking: cosa fare per mantenere l’attenzione

Cosa può fare quindi, l’oratore, per mantenerla sempre a un livello alto?

1 –  prevedere, in scaletta, assieme agli argomenti da trattare e a cosa inserire in apertura e in conclusione (conclusione che vedremo nel prossimo post), degli “stacchi”, ovvero dei momenti che permettano al pubblico di rimanere ai livelli alti della curva dell’attenzione. E voi direte: “ok, e cosa facciamo, durante questi stacchi, ci mettiamo a ballare e a cantare?” No, o almeno non necessariamente :D. Le tecniche da usare durante questi stacchi sono, sostanzialmente, gli stessi che avete usato in apertura (e che userete anche in chiusura). Ve li indico qui sotto:
– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente
Inserite almeno una di queste (nulla vi vieta di inserirne più d’una, anzi più ne inserite meglio è) ogni 15 minuti, durante il vostro intervento e avrete una platea costantemente attenta e ricettiva.
2 – curate sempre tanto, tanto, tanto la comunicazione paraverbale (tono e ritmo della voce) e quella non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica): un conto è ascoltare un oratore che sul palco si muove, è espressivo, usa la gestualità in modo efficace, guarda tutti mentre parla (se il numero è limitato) o comunque si rivolge a tutti (sinistra, destra, centro, insomma par condicio :D), sorride, è dinamico nel tono e nel ritmo della sua voce utilizzando, a seconda dei momenti del discorso, toni alti e bassi, ritmi veloci e lenti; un altro conto è ascoltare un oratore immobile, che guarda sempre nella stessa direzione, che usa un tono e un ritmo della voce monocorde, che non è espressivo e non sorride mai e che non usa la gestualità (la sfortunata platea di quest’ultimo potreste osservarla mentre si addormenta dopo cinque minuti dall’inizio dell’intervento).
3 – se il vostro discorso dura più di 45 minuti/un’ora, sarebbe meglio prevedere delle vere e proprie piccole pause per la platea (e anche per voi; ebbene si, anche i public speaker che sembrano siano attraversati dalla corrente elettrica, a volte, hanno bisogno di una piccola pausa :D)

 Public Speaking: la “rottura degli schemi”

L’altro punto che vorrei affrontare, rispetto al corpo centrale, è quello della rottura degli schemi: pensate a un formatore e a un public speaker che durante un intervento sulla tematica della formazione formatori (dove avrebbe dovuto parlare di come un docente competente si deve comportare in aula con un tempo a disposizione davvero limitato), decide invece di interpretare (senza avvertire la platea dell’idea malsana che gli passa per la testa) il comportamento di un docente incompetente, lanciandosi, per qualche minuto, in una drammatica performance (pensate al peggior formatore che vi sia mai capitato di osservare, ecco, siete ancora lontani dall’immaginarvi la sua interpretazione) che lascia, letteralmente, senza parole la platea. Ad un certo punto, dopo qualche minuto si ferma, si rivolge alla platea dicendo: “avete presente tutto quello che ho fatto finora? Ecco, è tutto ciò che un formatore non deve fare e non deve essere“, mostrando e spiegando poi nel dettaglio, ovviamente, quello che un formatore invece deve fare e deve essere e nuovamente quello che non deve fare e non deve essere).
Una cosa è certa, i partecipanti a un intervento del genere non si scorderanno mai quello che non deve essere il comportamento del formatore in aula e il punto è proprio questo: vi ricordate il nesso che ho fatto con il film (durante il mio primo post sul public speaking, quello legato alla preparazione) riguardo all’importanza dell’inizio e del finale sia di una pellicola, sia di un intervento in pubblico anche perchè la platea tende a ricordarli molto bene? Perfetto, un’altra cosa che il pubblico tenderà a ricordare molto bene sono le cose particolari, originali, “strane” (con echi dell’Ivano verdoniano :D) che in qualche modo insomma si distaccano da tutto il resto (l’interpretazione, a sorpresa e senza avvertire la platea, del docente formatore incompetente) e la ripetizione dei concetti (cosa non deve fare il docente, cosa deve fare il docente e di nuovo cosa non deve fare il docente).
Il prossimo post sarà dedicato alla chiusura del discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio”.

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