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Home » paraverbale

paraverbale

Comunicazione: i 3 livelli

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 28/03/2015

comunicazione-interpersonale-formazione-consulenza“Curate la comunicazione paraverbale (tono, ritmo della voce) e non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica), su questo concetto ritornerò, in modi diversi, in tutti i post che dedicherò al public speaking, tale è la sua importanza; per il momento riflettete sul fatto che questi due livelli della comunicazione (paraverbale e non verbale) hanno, insieme, un impatto pari al 93% (93%!) rispetto all’efficacia del vostro messaggio al ricevente (in particolare al paraverbale va un 38% e al non verbale un 55%): un misero 7% dell’efficacia del vostro messaggio è lasciato al verbale (contenuto, parole, frasi del messaggio). Per dirla in poche e semplici parole, curate soprattutto il modo (paraverbale e non verbale) in cui comunicate, perchè dipenderà da questo l’efficacia o meno del vostro discorso (o lezione o corso)“. 

In questo modo, nella serie dei post dedicati al public speaking (preparazione, apertura, corpo centrale e chiusura del discorso in pubblico) introducevo uno dei più importanti principi della comunicazione: ognuno dovrebbe tenerlo appeso sulle pareti di casa e leggerlo ogni giorno ad alta voce come un mantra. I grandi comunicatori sono infatti proprio coloro che sanno perfettamente come usare in modo funzionale ed efficace i livelli paraverbale e non verbale della comunicazione e i formatori e i public speaker, infatti, che riescono realmente a raggiungere il pubblico, allo stesso modo possiedono eccellenti competenze comunicative paraverbali e non verbali:

Livello Verbale (7%): le parole scritte o parlate, il contenuto del vostro messaggio che ha un’importanza davvero relativa nella comunicazione, se paragonato agli altri livelli.

Livello Paraverbale (38%): tono della voce, ritmo della voce, volume della voce, espressività della voce, pause, silenzi, sospiri… L’insieme, insomma, delle caratteristiche della voce e del modo di pronunciare il vostro messaggio: l’importanza di questo livello nella comunicazione è enorme, basta confrontare le percentuali di questo livello (38%!) e del precedente (7%!).

Livello Non Verbale (55%): ovvero postura (la posizione del corpo nello spazio), gestualità, mimica (espressioni del volto, sguardo, sorriso), prossemica (il modo di porsi nello spazio di emittente/i e ricevente/i), movimenti delle mani, odori, abbigliamento e aspetto esteriore): se il livello paraverbale è importante, questo lo è ancora di più e insieme (paraverbale e non verbale) sono ciò che permettono all’emittente di toccare, a livello comunicativo, realmente il ricevente.

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Formazione Formatori: il Role Playing

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 06/12/2014

 

andrea carfiImpossibile, per quanto mi riguarda, pensare a un intervento formativo che non abbia la necessaria e funzionale alternanza teoria/pratica: per il sottoscritto la formazione senza una parte pratica non è formazione, è semplice informazione.

Il Role Playing è una delle tecniche più efficaci attraverso cui si permette ai discenti di interpretare dei ruoli lavorativi oggetto dell’intervento formativo che si sta erogando oppure dei ruoli non legati a una competenza tecnico-professionale in particolare, ma che è necessario interpretare per mettere in pratica competenze trasversali (soft skills: ad esempio comunicazione, gestione dello stress, problem solving, teamwork, capacità di lavorare in autonomia, mediazione, negoziazione, gestione del tempo, leadership, flessibilità ecc.) importanti per quel profilo professionale e precedentemente trasmesse ai discenti attraverso tecniche di lezione frontale teorica.
I Role Playing (e le esercitazioni pratiche in genere) sono strumenti che un formatore quindi deve usare in aula.

Il Role Playing, detto anche simulazione, è una tecnica di allenamento formativo utilizzata per lo sviluppo delle abilità che sostengono l’interpretazione efficace di un ruolo professionale: to play in inglese significa sia giocare sia rappresentare in senso teatrale, tanto che alcuni partecipanti hanno ribattezzato “scenette” questi importanti momenti didattici il cui obiettivo è quello di ricreare in “palestra” una situazione professionale di comunicazione o di gestione in modo “verosimile”, ossia quanto più possibile vicino alla realtà.

 

Il valore di questa tecnica di allenamento consiste nell’assicurare la necessaria preparazione atletica e psicologica fondata su due presupposti essenziali per lo sviluppo della professionalità:

 

1 – l’aumento della consapevolezza di sé, del proprio modo di essere e di reagire

 

2 – sfruttare l’opportunità data dai feedback provenienti dal formatore e dai colleghi in aula sulla performance in diretta del collega. Il feedback è la valutazione strutturata della performance che il formatore comunica al partecipante alla conclusione dell’interpretazione del ruolo professionale

 

Tre fattori sono importanti per il role playing quindi:

 

 

      –     il role playing deve essere funzionale agli obiettivi dell’intervento formativo

 

–          il feedback dato al partecipante deve essere pensato e comunicato come momento fondamentale della didattica e finalizzato al miglioramento/rafforzamento delle capacità e competenze dell’individuo

 

–          la motivazione del partecipante è importante per sistematizzare l’esperienza vissuta in una prospettiva di miglioramento delle sue performance professionali

 

L’impostazione del Role Playing in Formazione

Per impostare un buon role playing è necessario seguire alcuni punti:

 

 Briefing:

–          prima di cominciare è necessario far capire cosa si sta facendo e perché ai partecipanti e qual è il valore didattico: il formatore deve avere il consenso necessario dell’aula affinchè il role playing si svolga con motivazione e impegno e quindi potersi allenare al ruolo professionale

 

–          inserire i partecipanti in situazioni lavorative da riprodurre, l’indicazione che va data è di calarsi nella parte esattamente come se si fosse nel luogo di lavoro

Svolgimento:

–          la durata di un role playing varia a seconda della situazione da interpretare: se per un colloquio di selezione possono bastare 10/15 minuti, per una simulazione di docenza il tempo necessario indubbiamente dovrà aumentare.

 

–          Il formatore darà il via; nel momento in cui il role playing dovesse continuare oltre il tempo necessario, il formatore darà lo stop.

Debriefing:

–          Concluso il role playing ci sarà l’altrettanto importante momento del feedback; è necessario il riscontro immediatamente dopo la performance. Il feedback si concentrerà soprattutto su aspetti comunicativi, di gestione, metodologici

 

–          Il feedback si dividerà in tre fondamentali fasi:

1 – autovalutazione del partecipante rispetto al role playing appena svolto (il docente formatore stimolerà il discente protagonista della “scenetta” appena interpretata attraverso domande come: “come è andata?”, “come ti sei sentito in questo ruolo?”, “c’è qualcosa che hai osservato e che vuoi condividere con noi?”)

2 – valutazione e osservazioni dei colleghi presenti in aula (che il docente formatore dovrà stimolare attraverso domande come: “che ne pensate?”, “qualcuno vuole dire qualcosa rispetto all’esercitazione appena svolta?”, “c’è qualcosa che avete osservato e che volete condividere attraverso una riflessione?”)

3 – il formatore darà quindi il suo feedback sottolineando prima di tutto i punti forti della performance del discente con frasi come: “molto bravo in questo”, “mantieni quest’altro”, “mi è piaciuto molto quest’altro ancora”, dopodichè il docente farà riflettere il discente sui punti da migliorare (senza mai quindi usare una terminologia che faccia riferimento a “punti deboli” o a “ciò che è andato male” ma anzi usando frasi del tipo: “lavora su questo punto”, “puoi migliorare su quest’altro”, “fai attenzione a quello”). Il formatore dovrà ovviamente spiegare molto bene al discente (e a tutto il resto dell’aula) perchè sta sottolineando i vari punti (sia quelli forti, sia quelli da migliorare) e argomentare con ulteriori spiegazioni e ripetizioni.

 

Video “Formazione Formatori”

Altri post del blog di “Andrea Carfi Consultancy – Training and Media” sulla Formazione Formatori:

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 1)

– Formazione Formatori per Assistenti Sociali (Part 2)

– Il “Domandologo”

– Il “Logorroico” 

– L’ “Esperto Saccente

– Sperimentazione in Formazione

 

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Selezione del personale: fase 3 (part one) – Il Colloquio di selezione Individuale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 01/11/2014

corporate-recruiting

Durante i miei corsi legati a selezione e valutazione del personale ho sempre trovato estremamente utile, a livello didattico, utilizzare un determinato schema di colloquio di selezione individuale che voglio condividere attraverso il blog di Andrea Carfi Consultancy – Training and Media. Per ogni fase del colloquio di selezione individuale ho inserito tre ulteriori punti: gli argomenti da affrontare, alcuni esempi di domande che si possono fare e cosa valutare (ovviamente tutto da contestualizzare rispetto ai requisiti richiesti per il profilo professionale oggetto del processo di selezione).

Le fasi del colloquio di selezione individuale

Il colloquio di selezione individuale – Fase 1 – Introduzione

Argomenti: saluto e presentazione / frasi introduttive / prima domanda / tema principale

 

Domande: formalità varie (es. ha raggiunto facilmente la nostra sede?; desidera un bicchiere d’acqua?) / come è giunto a interessarsi alla nostra azienda? /  per quali motivi ritiene che il contenuto della nostra inserzione possa interessarla? / nel corso del colloquio parleremo del suo curriculum scolastico e lavorativo e valuteremo se la nostra azienda può offrirle un inserimento adeguato alle sue caratteristiche, per iniziare a conoscerci vuole parlarmi del suo curriculum?

 

Cosa valutare: aspetto/presenza (impressione generale, cura della persona e dell’abbigliamento, qualità fisiche ) – modi (educazione, portamento, mimica, espressività) – espressione verbale (voce, inflessioni dialettali, fluidità verbale, proprietà terminologica, ridondanza/concisione, reticenza, espressione chiara o confusa, difetti di pronuncia) – grado di collaborazione (modo di porre le domande, di rispondere, di interagire)

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 2 – Curriculum scolastico

 

Argomenti: scuola dell’obbligo / studi superiori / studi universitari / corsi di specializzazione-master

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum formativo? / quali i problemi e le difficoltà incontrate? Come sono state affrontate? / titolo e argomento tesi / (eventualmente) per quale motivo ha interrotto gli studi? / in che modo l’iter dei suoi studi pensa che possa esserle utile per la mansione in oggetto?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum scolastico-universitario per la mansione / risultati ottenuti / motivazioni-interessi-adattabilità / relazioni interpersonali / capacità intellettive / estensione delle conoscenze-profondità delle conoscenze

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 3 – Curriculum lavorativo

 

Argomenti: prime occupazioni / lavori saltuari / lavori fissi / esperienza militare-civile (eventuale)

 

Domande: vuole presentare liberamente il suo curriculum lavorativo? / in che tipo di aziende ha operato? / quali sono stati i maggiori problemi incontrati? Come li ha affrontati? / quali erano le sue principali responsabilità? / quali i rapporti con superiori e colleghi? / quale utilità dell’insegnamento scolastico nella professione? / vuole fare un’analisi dettagliata dell’ultima occupazione?

 

Cosa valutare: rilevanza del curriculum lavorativo per la mansione proposta / competenze-preparazione / capacità / risultati / adattabilità / motivazioni-interessi-inclinazioni / relazioni interpersonali / organizzazione-coordinamento / promozioni e riconoscimenti

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 4 – Motivazioni lavorative

 

Argomenti: lavoro reale / lavoro ideale

 

Domande: per quali motivi ha nel passato cambiato lavoro? / in generale cosa si aspetta dal lavoro? / quali aspetti del lavoro giudica gratificanti? Quali meno? / perché le interessa questo lavoro? Quali vantaggi intravede? / se potesse liberamente scegliere quale occupazione svolgerebbe? / se non venisse assunto qui quali occasioni pensa che potrebbe avere? / quali sono le sue disponibilità o limiti in fatto di orari, di trasferimenti, per corsi di aggiornamento e formazione, per trasferte? / qual è stato e come si è conservato nel tempo l’orientamento iniziale negli studi e nella professione? / che contributo pensa di dare alla nostra azienda? / come si vede tra 5 anni? / come si vede tra 10 anni? / quanto conosce dell’azienda e come l’ha conosciuta? / quali sono le sue aspettative economiche e contrattuali?

 

Cosa valutare: rilevanza delle motivazioni per la mansione proposta / intensità / adeguatezza delle aspettative / disponibilità alla mobilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 5 – Interessi extralavorativi

 

Argomenti: tipologia, ampiezza, profondità degli interessi / compatibilità col lavoro

 

Domande: come preferisce trascorrere il tempo libero? / svolge attività sportive, sociali, culturali, artistiche, pratiche, filantropiche, scientifiche o d’altro tipo? / preferisce attività da svolgersi isolatamente o con altri? / quale costanza negli interessi? / quale capacità di approfondimento? / quali risultati, successi, riconoscimenti ottenuti?

 

Cosa valutare: rilevanza degli interessi per la mansione / ampiezza degli interessi / profondità degli interessi / vitalità / uso del tempo, delle energie, del danaro / maturità / sviluppo intellettivo / livello culturale / relazioni sociali / organizzazione-coordinamento

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 6 – Carattere

 

Argomenti: aspetti personali positivi / aspetti personali da migliorare / rapporto qualità personali – lavoro

 

Domande: quali ritiene siano i suoi punti di forza – capacità più sviluppate? / quali i suoi punti deboli – limitazioni? / quali aspetti personali potrebbe migliorare? / quali aspetti formativi vorrebbe approfondire? / quali critiche le vengono rivolte dalle persone che la conoscono bene? Cosa ne pensa? / può fare un’auto descrizione libera di sé e del proprio carattere? / quali sono le sue reazioni e difese a situazioni stressanti, ansiogene o frustranti? / che opinione ha di sé e dei risultati finora ottenuti? / è portato a stare con gli altri, ad accettare il dialogo, ad ascoltare? / quanto è attaccato alle proprie idee o è disponibile a cambiare opinione?

 

Cosa valutare: capacità sociali / equilibrio emozionale / iniziativa-autonomia / responsabilità-leadership / apertura di idee-creatività / capacità organizzative / regolarità- sistematicità-adattabilità

 

Il colloquio di selezione individuale – Fase 7 – Conclusioni

 

Argomenti: non evidenziare punti deboli del curriculum / autovalutazione del candidato / spiegazione contatti successivi / caratteristiche del posto offerto / congedo

 

Domande: prima di concludere il colloquio c’è qualcosa che vuole chiedermi-aggiungere? / desidera fare qualche domanda sul lavoro, sulla nostra azienda, o su qualche altro argomento che la interessa? / si spiega quale potrà essere l’attività del candidato, l’ambiente in cui dovrà operare, le condizioni di inserimento, e le possibilità di sviluppo / riassunto della mansione offerta / si stimola un’ autovalutazione della candidatura e di come possa essere andato il colloquio / quali delle sue conoscenze, esperienze, capacità, o elementi del carattere pensa potranno esserle d’aiuto o meno nell’esercizio della sua mansione?

 

Ho volutamente evitato di inserire la fase del colloquio di selezione individuale in cui si fanno domande sulla situazione familiare (famiglia d’origine e acquisita) e privata del candidato (domande su composizione della famiglia, sulle attività che svolgono i familiari, sulla formazione scolastica che hanno avuto i familiari, sul livello socio-economico e culturale della famiglia e così via), prima di tutto perchè la considero un’invasione della privacy dello stesso e poi perchè sostanzialmente inutile ai fini della selezione e valutazione: è presente in ogni caso, come fase del colloquio di selezione individuale, nella letteratura sull’argomento, voi cosa ne pensate?

[qui puoi trovare un ulteriore approfondimento su aree di indagine e domande più frequenti in un colloquio di selezione individuale]

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Public Speaking: tecniche di chiusura

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 26/10/2014

public-speaking-formazione

Ed eccoci qui, avete attraversato tutte le fasi del vostro intervento in pubblico (per un veloce ripasso, potete sempre andare a rileggervi i tre precedenti post sul public speaking), è andato tutto alla grande e la platea è attentissima, partecipe, coinvolta: sarebbe un grave errore concludere senza un finale degno di questo nome perchè, come vi dicevo nei precedenti post, al pubblico rimarranno impressi soprattutto:
– Apertura
– Rottura degli schemi
– Ripetizione dei concetti
– Chiusura 

Public Speaking: i 3 momenti della chiusura del discorso

La chiusura del vostro intervento di public speaking può avere addirittura tre momenti:

– Il richiamare quelli che sono stati i punti cardine del vostro discorso con il pubblico: una sorta di riassunto schematico dell’intervento attraverso i suoi concetti chiave, che non solo serve a chiarire ulteriormente i punti salienti che sono stati appena trattati, ma è anche utile per creare quella tensione positiva e utile alla platea per prepararsi adeguatamente al gran finale.

– La chiamata all’azione: in relazione a quelli che sono obiettivi, tematiche, argomenti del vostro intervento, questo momento è importante per chiedere direttamente ai partecipanti di agire in un certo modo. L’azione richiesta al pubblico deve essere realistica, fattibile, definita, concreta.

– Il vero e proprio gran finale: si chiude il cerchio concludendo con le stesse tecniche che avete usato in apertura e per i vostri “stacchi” durante il corpo centrale del vostro intervento (nuovamente voglio sottolineare che ne potete usare anche più di una nello stesso momento), ve le indico per l’ultima volta qui di seguito:

– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente

 

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Public Speaking: tecniche per il corpo centrale

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 24/10/2014

 

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Bene, avete individuato l’obiettivo e impostato una scaletta degli argomenti da trattare durante il vostro intervento di public speaking; vi siete preparati parlando per ore allo specchio, oppure davanti a dei poveracci che vi siete assicurati come pubblico “di prova” legandoli alle sedie :D, o magari davanti a un muro o anche videoregistrandovi; avete appena aperto il vostro discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio” (per un veloce ripasso di questi punti, potete andare a rileggervi i miei due post precedenti dedicati al public speaking). Insomma siete pronti per lanciarvi nel vivo del vostro intervento e il concetto fondamentale su cui voglio soffermarmi è quello di “curva dell’attenzione”: “curva” perchè l’attenzione del pubblico inizialmente è alta, ma dopo 15 minuti circa comincia a calare, fisiologicamente.

Public Speaking: cosa fare per mantenere l’attenzione

Cosa può fare quindi, l’oratore, per mantenerla sempre a un livello alto?

1 –  prevedere, in scaletta, assieme agli argomenti da trattare e a cosa inserire in apertura e in conclusione (conclusione che vedremo nel prossimo post), degli “stacchi”, ovvero dei momenti che permettano al pubblico di rimanere ai livelli alti della curva dell’attenzione. E voi direte: “ok, e cosa facciamo, durante questi stacchi, ci mettiamo a ballare e a cantare?” No, o almeno non necessariamente :D. Le tecniche da usare durante questi stacchi sono, sostanzialmente, gli stessi che avete usato in apertura (e che userete anche in chiusura). Ve li indico qui sotto:
– una domanda al pubblico
– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente
Inserite almeno una di queste (nulla vi vieta di inserirne più d’una, anzi più ne inserite meglio è) ogni 15 minuti, durante il vostro intervento e avrete una platea costantemente attenta e ricettiva.
2 – curate sempre tanto, tanto, tanto la comunicazione paraverbale (tono e ritmo della voce) e quella non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica): un conto è ascoltare un oratore che sul palco si muove, è espressivo, usa la gestualità in modo efficace, guarda tutti mentre parla (se il numero è limitato) o comunque si rivolge a tutti (sinistra, destra, centro, insomma par condicio :D), sorride, è dinamico nel tono e nel ritmo della sua voce utilizzando, a seconda dei momenti del discorso, toni alti e bassi, ritmi veloci e lenti; un altro conto è ascoltare un oratore immobile, che guarda sempre nella stessa direzione, che usa un tono e un ritmo della voce monocorde, che non è espressivo e non sorride mai e che non usa la gestualità (la sfortunata platea di quest’ultimo potreste osservarla mentre si addormenta dopo cinque minuti dall’inizio dell’intervento).
3 – se il vostro discorso dura più di 45 minuti/un’ora, sarebbe meglio prevedere delle vere e proprie piccole pause per la platea (e anche per voi; ebbene si, anche i public speaker che sembrano siano attraversati dalla corrente elettrica, a volte, hanno bisogno di una piccola pausa :D)

 Public Speaking: la “rottura degli schemi”

L’altro punto che vorrei affrontare, rispetto al corpo centrale, è quello della rottura degli schemi: pensate a un formatore e a un public speaker che durante un intervento sulla tematica della formazione formatori (dove avrebbe dovuto parlare di come un docente competente si deve comportare in aula con un tempo a disposizione davvero limitato), decide invece di interpretare (senza avvertire la platea dell’idea malsana che gli passa per la testa) il comportamento di un docente incompetente, lanciandosi, per qualche minuto, in una drammatica performance (pensate al peggior formatore che vi sia mai capitato di osservare, ecco, siete ancora lontani dall’immaginarvi la sua interpretazione) che lascia, letteralmente, senza parole la platea. Ad un certo punto, dopo qualche minuto si ferma, si rivolge alla platea dicendo: “avete presente tutto quello che ho fatto finora? Ecco, è tutto ciò che un formatore non deve fare e non deve essere“, mostrando e spiegando poi nel dettaglio, ovviamente, quello che un formatore invece deve fare e deve essere e nuovamente quello che non deve fare e non deve essere).
Una cosa è certa, i partecipanti a un intervento del genere non si scorderanno mai quello che non deve essere il comportamento del formatore in aula e il punto è proprio questo: vi ricordate il nesso che ho fatto con il film (durante il mio primo post sul public speaking, quello legato alla preparazione) riguardo all’importanza dell’inizio e del finale sia di una pellicola, sia di un intervento in pubblico anche perchè la platea tende a ricordarli molto bene? Perfetto, un’altra cosa che il pubblico tenderà a ricordare molto bene sono le cose particolari, originali, “strane” (con echi dell’Ivano verdoniano :D) che in qualche modo insomma si distaccano da tutto il resto (l’interpretazione, a sorpresa e senza avvertire la platea, del docente formatore incompetente) e la ripetizione dei concetti (cosa non deve fare il docente, cosa deve fare il docente e di nuovo cosa non deve fare il docente).
Il prossimo post sarà dedicato alla chiusura del discorso in pubblico con i “fuochi d’artificio”.

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Public Speaking: tecniche di apertura

By Andrea Carfi | Founder & President Posted on 19/10/2014

public-speaking-formazione

Qual’è, secondo voi, il modo più diretto e naturale per instaurare da subito una relazione comunicativa bidirezionale con il pubblico? Avete presente quello che sto scrivendo in questo momento per cercare di attirare la vostra attenzione? Avete presente quella cosa legata a punti interrogativi e risposte?
Proprio così,  il modo più diretto e naturale per instaurare da subito una relazione comunicativa bidirezionale con il pubblico è fargli domande (tema che affronterò anche quando tratterò la “lezione per problemi” in formazione formatori, all’interno delle tipologie di lezione, in un futuro post), che è anche quindi uno dei modi per aprire il discorso con il pubblico con quei “fuochi d’artificio” di cui vi parlavo in conclusione del precedente post “Public Speaking: Preparazione del discorso in pubblico“, ovvero nel modo più efficace possibile.

Oppure potrei iniziare il mio discorso (e questo post) con il pubblico usando:

– una storia divertente
– una citazione
– un riferimento all’attualità
– un’immagine
– un filmato
– un racconto con una morale
– ringraziamenti e riconoscimenti verso platea, organizzatori, azienda
– una battuta
– un riferimento a un valore condiviso dalla platea
– una scena divertente

Public Speaking: tecnica e comunicazione

Il contenuto di questi strumenti deve avere, ovviamente, un legame con la tematica e con l’obiettivo del vostro discorso con il pubblico e ne potete usare anche più d’uno contemporaneamente: sono tutti estremamente utili ed efficaci. Ricordatevi che lo scopo è ottenere l’attenzione della platea fin dal primo momento e avere quell’impatto emotivo, visivo e uditivo sul pubblico necessario a creare immediatamente quell’empatia (funzionale al successo del vostro discorso) con chi vi sta di fronte: attenzione, impatto ed empatia che otterrete sia con le tecniche di apertura sopra elencate, sia, ovviamente, con un uso corretto e incisivo dei fondamentali livelli della comunicazione paraverbale (tono e ritmo della voce) e non verbale (gestualità, mimica, movimento del corpo, postura, prossemica).

Public Speaking: il “setting di apertura”

Non dimenticatevi, infine, il “setting di apertura”, ovvero la presentazione, da parte del public speaker, di alcuni aspetti legati a:

– tempi dell’intervento
– struttura dell’intervento
– eventuali pause
– disponibilità o meno, per i partecipanti, di materiale legato all’argomento oggetto dell’intervento

 

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